Settecento

Fruttiera decorata con un sottobosco

La fruttiera sbaccellata in porcellana bianca mostra al suo interno un decoro raffigurante un sottobosco dipinto, popolato da una lucertola, due lumache, alcune farfalle, una vespa e un serpente.&nbsp;
La decorazione di questo vassoio, firmato e datato 1746, &egrave; opera di Anton Stephan Carl Anreiter, figlio di quel Carl Wendelin che nel 1737 fu chiamato a Doccia da Carlo Ginori come capo decoratore.&nbsp;
La composizione, al netto di alcune varianti, &egrave; da ricondurre a un dipinto del pittore belga Karl Wilhelm de Hamilton, oggi in collezione privata, forse noto ad Anton Stephan per il tramite del padre, che aveva operato lungamente a Vienna come decoratore presso la Manifattura Du Paquier. Certo &egrave; che un altro dipinto del de Hamilton venne utilizzato come modello per la decorazione di una seconda fruttiera eseguita a Doccia dal pittore austriaco, oggi conservata in collezione privata.&nbsp;
La data di esecuzione del manufatto coincide con quella della nomina di Carlo Ginori a governatore di Livorno e del definitivo rientro del pittore a Vienna. Certamente pensata come oggetto artistico e da esposizione, la sua realizzazione deve essere posta in relazione con l&rsquo;inaugurazione, avvenuta nel 1746, di una galleria di pezzi esposti al pubblico presso la Villa di Doccia, di cui parla lo storico inglese Thomas Salmon nel 1757. Quella galleria, allora usata per mostrare ai clienti il meglio della produzione della manifattura, &egrave; il primo nucleo del futuro Museo Ginori.

Porcellana

Anton Stephan Carl Anreiter von Zirnfeldt e Manifattura Ginori

 Fruttiera decorata con un sottobosco

Ceramiche per la tavola

Fruttiera

Zuppiera e piatto ovale con decoro a “fiori e frutta sparse”

Tra le decorazioni settecentesche pi&ugrave; tipiche della manifattura Ginori, quella definita gi&agrave; negli elenchi settecenteschi della Manifattura &ldquo;a fiori e frutta sparse&rdquo; presenta frutti (mele, pere, prugne, ciliegie, fragole, fichi, uva, fette di cocomero o angurie intere dipinte in policromia) alternati a rametti floreali in differenti colori.&nbsp;
La zuppiera ovale con coperchio con presa a forma di Cupido policromo &egrave; impreziosita da una bordura di derivazione francese, definita a &ldquo;peign&eacute;s bleu&rdquo;, e da una filettatura in oro.&nbsp; L&rsquo;esemplare poggia su un grande piatto ovale centinato, ornato dal medesimo decoro, con al centro un melone.&nbsp;
Questa forma di zuppiera ovale e liscia ebbe larga fortuna presso la Manifattura di Doccia, come attestano diversi esempi, con differenti decorazioni, conservati nel Museo Ginori. Lo stesso pu&ograve; dirsi per il decoro &ldquo;a fiori e frutta sparse&rdquo;, che &egrave; stato ripreso nel corso del XX secolo, seppur con varianti, acquisendo la denominazione &ldquo;Frutti d&rsquo;oro&rdquo; in un primo tempo&nbsp; e &ldquo;Italian fruit&rdquo; nel secondo dopoguerra.

Manifattura Ginori

Zuppiera e piatto ovale con decoro a “fiori e frutta sparse” 

Zuppiera

Primo Novecento

Porcellana da laboratorio

Fin dalla seconda met&agrave; dell&rsquo;Ottocento la Manifattura Ginori ha prodotto oggetti in porcellana per laboratorio. Tra i manufatti legati alla produzione di oggetti per esperimenti o da industria chimica e farmaceutica ci sono bicchierini con beccuccio, filtri chimico-meccanici per purificare l&rsquo;acqua, imbuti comuni e filtranti, mortai e pestelli, ramaioli forati o con versatoio.&nbsp;
Il 3 dicembre del 1940 la Societ&agrave; Ceramica Richard-Ginori di Milano deposita il marchio di fabbrica Pasta Euclide, iscritto entro storta da distillazione posta su fiamma, e scritta Richard-Ginori in stampatello in basso. Per tale ragione &egrave; possibile datare gli esemplari che mostrano questa speciale marca agli anni Quaranta del Novecento. Presso l&rsquo;Archivio del Museo Ginori si conserva anche un catalogo degli articoli in porcellana da laboratorio Pasta Euclide prodotti dalla Richard-Ginori, purtroppo non datato ma quasi certamente degli stessi anni.&nbsp;
La porcellana di questi manufatti era del tipo pirofila, cio&egrave; pi&ugrave; resistente al calore, a sollecitazioni meccaniche e all&rsquo;aggressione di acidi e basi, e pertanto perfettamente adatta all&rsquo;uso a cui veniva destinata. Nella foto sono visibili un imbuto con filtro all&rsquo;interno (inv. 8169), un crogiolo con fondo filtrante forato (inv. 8143) e una capsula a fondo sferico con beccuccio (inv. 8153), dello stesso tipo illustrato nella copertina del catalogo Porcellana per laboratorio.&nbsp;

Crogiolo con fondo forato, imbuto e capsula con beccuccio

Porcellana da laboratorio 

L'utile

Gio Ponti con Elena Diana, Mano di Dafne

La Mano di Dafne, decorata su entrambi i lati in oro agatato con rami e foglie che si allungano fino alle dita, si riferisce al noto mito narrato nelle Metamorfosi di Ovidio. La ninfa Dafne, per sfuggire alla passione amorosa del dio Apollo, chiese aiuto agli dei venendo tramutata in pianta. Insieme alla Mano della fattucchiera (inv. 3204), la Mano con simboli in oro (inv. 3206) e le due Mani fiorite (invv. 3207, 3208) fa parte di una serie ideata da Ponti nel 1935, quando aveva ormai lasciato l&rsquo;incarico di direttore artistico della Richard-Ginori.&nbsp; Lo conferma la data presente accanto alla firma sotto alcuni esemplari.&nbsp;
Probabilmente Ponti ide&ograve; tutti e cinque i decori per la mostra parigina L'art italien des XIXe et XXe si&egrave;cles di cui, con Piero Chiesa, curava la sezione dedicata alle arti applicate. L&rsquo;esecuzione del decoro &egrave; quasi certamente opera di Elena Diana, maestra della tecnica dell'oro agatato presso la Manifattura.&nbsp;
Le mani conservate presso il Museo Ginori sono oggetti unici realizzati utilizzando come supporto un articolo seriale preesistente, ovvero degli stampi in porcellana bianca prodotti dalla Richard-Ginori per le industrie di guanti in gomma e lattice. Ponti li trasforma in opere d&rsquo;arte attraverso l&rsquo;originalit&agrave; del disegno e l&rsquo;uso di tecniche preziose come, in questo caso, la brunitura dell&rsquo;oro a punta d&rsquo;agata.

Gio Ponti, Elena Diana

Mano di Dafne

Oggetti d’arredo

Manico di coltello, cucchiaio, mestolo da olive e porta ampolle

Fin dalla sua fondazione la Manifattura di Doccia si specializz&ograve; nella produzione di utensili per la tavola e per l&rsquo;alimentazione, realizzati sia in porcellana bianca che a ornati policromi. Tra questi spiccano i manici per posate dipinti con fiori a stampino in blu, motivi floreali di differenti colori e figurine alla cinese. Nelle collezioni del Museo Ginori si conservano due esemplari databili al 1750 circa (invv. 3898, 3899), che presentano una forma sagomata e modanata, con decori a fiorellini in viola e rosso. Sono note anche altre tipologie di ornati fioriti realizzati a Doccia su impugnature in porcellana, pi&ugrave; complesse per la presenza di un maggior numero di corolle e di motivi stilizzati lungo il manico.&nbsp;
La Manifattura produceva anche posate da portata da porre in tavola. &Egrave; questo il caso del mestolo da olive in porcellana bianca con valva terminale a forellini, che permetteva di scolare facilmente cibi in salamoia (inv. 3734). Tali utensili potevano anche essere abbelliti con le medesime decorazioni gi&agrave; impiegate per i servizi, come mostra il cucchiaio con il tipico motivo a roselline prodotto a Doccia dall&rsquo;ultimo quarto del Settecento (inv. 689). Questo decoro, ricordato nei registri della Manifattura negli anni ottanta come &ldquo;dipinto con roselline sparse, profili e bordo porpora rosso dentellato&rdquo;, si rintraccia anche in un portampolle da tavola, probabilmente databile gi&agrave; al periodo Impero (inv. 690). Composto da due pezzi distinti, il contenitore presenta due alloggiamenti cilindrici per boccette in vetro contenenti olio e aceto, e un manico a forma di asta che termina con una figura di erma bifronte. Il Museo Ginori conserva molti manufatti di questo tipo, tra cui si segnala una variante dello stesso modello con decoro pi&ugrave; semplice ed erma bifronte femminile (inv. 654).

Gio Ponti, Scatola con coperchio  "Il balletto" o "Omaggio agli snob"

La grande bomboniera viene ideata da Gio Ponti nel 1925 per le esposizioni di Monza e Parigi, dove riscuote notevole successo. L'esemplare a colori reca la marca con il nome Omaggio agli snob, titolo successivamente modificato in Il Balletto, come risulta dalla didascalia pubblicata nel catalogo Ceramiche moderne d&rsquo;arte Richard-Ginori, &nbsp;Milano [1930], p. 49.&nbsp; Si tratta di un ripensamento di Ponti, che pur identificando l&rsquo;oggetto con il titolo originale, preferisce che non venga usato ufficialmente e non riportato sotto i pezzi. La presenza del nome sull&rsquo;esemplare a colori del museo, prodotto nel 1927, potrebbe essere dovuta al fatto che questo non fosse destinato al commercio. L&rsquo;espressione snob &egrave; riferita alle figure di contadini che danzano sul coperchio, ironico omaggio a coloro che guardano con sufficienza all&rsquo;arte e alle tradizioni popolari.&nbsp;
Il motivo a scanalature del contenitore, caratteristico del gusto D&eacute;co, dimostra la conoscenza di esempi in metallo prodotti dalle Officine Viennesi su disegno di Josef Hoffmann. Il Museo possiede un secondo esemplare nella versione decorata in oro (inv. 5377).

Gio Ponti

Scatola con coperchio Il balletto o Omaggio agli snob

Lettera ad Alfred Brown con disegno di palma fra due figure alate

La lettera indirizzata da Gio Ponti ad Alfred Brown, suo referente a Doccia a partire dal 1928 circa, offre un interessante scorcio sul modo di lavorare del direttore artistico. L&rsquo;architetto parte da un&rsquo;idea grafica - in questo caso la palma dal tronco sinuoso affiancata da due figure alate -&nbsp; e ne propone diverse possibili applicazioni, incluso un gruppo scultoreo. Il disegno verr&agrave; poi realizzato a Doccia come bassorilievo su vasi quadrangolari monocromi con smalto celadon (mod. 840s, dec. 1275E; un esemplare &egrave; nella collezione del Museo inv. 3243) oppure in biscuit e oro. Tuttavia, come per altre invenzioni che considerava particolarmente riuscite, Ponti mette a frutto l&rsquo;idea anche per la terraglia dello stabilimento di S. Cristoforo, proponendola in versione bidimensionale, come disegno in oro su smalto nero metallizzato.&nbsp;
Le figure alate, creature ibride e ambigue, antiche e moderne insieme, hanno ispirato a Ponti molti disegni per la Richard-Ginori e per altri lavori nel corso di tutta la sua carriera.&nbsp; Qui le troviamo abbinate alla palma, motivo esotico a sua volta ricorrente nell&rsquo;iconografia degli anni venti e trenta, che Ponti stesso utilizza per altri due decori in serie con questo. &nbsp;&nbsp;

Carta

Disegno

Secondo Ottocento

Caffettiera, zuccheriera e lattiera con margherite

Questo servizio in porcellana bianca, composto da caffettiera, lattiera e zuccheriera, &egrave; decorato a rilievo con fasce di margherite sul corpo e manici a finto stelo arricciato terminante con corolla. I tre coperchi hanno prese a forma di bocciolo, ognuno diverso dagli altri.&nbsp;
Nell&rsquo;insieme si possono individuare i temi legati all&rsquo;influenza del Modernismo Inglese, che prelude al nuovo linguaggio Liberty europeo. Tuttavia il motivo floreale, caro al gusto dei Preraffaelliti, si presenta qui ancora iscritto in una fascia ben delimitata secondo uno schema pi&ugrave; tradizionale rispetto ai successivi sviluppi dell&rsquo;Art Nouveau.&nbsp;
Nelle collezioni del Museo Ginori sono conservati anche i prototipi di un piattino e di due tazze con il medesimo decoro (invv. 7452, 7453, 7454), progettato intorno al 1896 dal pittore e docente del Museo artistico industriale di Roma Alessandro Morani per il barone Alberto Blanc. I disegni - di cui esistono, con poche varianti, alcuni acquerelli conservati in collezione privata - probabilmente&nbsp; furono realizzati dal Morani mentre era coinvolto nei lavori di riassetto e riammodernamento della villa dei marchesi Lezzani sulla Nomentana, acquistata dal Blanc negli anni novanta dell&rsquo;Ottocento. Durante questa ristrutturazione la Manifattura Ginori si occup&ograve; anche della realizzazione di elementi decorativi in rilievo in maiolica per gli esterni dell&rsquo;edificio.&nbsp;

Alessandro Morani e Richard-Ginori

Piatto con decoro a Raffaellesche

Sotto la guida di Lorenzo Ginori Lisci, nella seconda met&agrave; dell&rsquo;Ottocento la Manifattura di Doccia dedica notevole attenzione all&rsquo;imitazione della maiolica italiana del Rinascimento. Negli anni 1854-1855 alcuni dei migliori pittori attivi a Doccia vengono inviati a copiare dal vero esemplari di piatti, fiasche, mesciacqua e altri oggetti in maiolica conservati presso le Reali Gallerie di Firenze, che successivamente confluiranno nelle collezioni del Museo del Bargello. Grande vetrina per questo tipo di produzione sono le Esposizioni che si susseguono nel corso del XIX secolo. La prima che vede la Manifattura esporre saggi in maiolica a imitazione degli antichi manufatti cinquecenteschi&nbsp; &egrave; l&rsquo;Esposizione di Parigi del 1855. Da questo momento, e fino agli anni Settanta dell&rsquo;Ottocento, le maioliche neorinascimentali saranno uno dei campi riconosciuti di eccellenza della manifattura.&nbsp; Ma la fortuna di questa tipologia di produzione continua per tutta la seconda met&agrave; del secolo. Ne &egrave; testimonianza anche questo disegno conservato presso l&rsquo;Archivio del Museo Ginori.&nbsp; 
L&rsquo;iscrizione ci informa che si tratta di una copia di un piatto urbinate del XVI secolo, con decoro a raffaellesche, conservato al Museo del Bargello (inv. 18). Poich&eacute; il Museo viene inaugurato nel 1865, il disegno &egrave; certamente posteriore. Inoltre l&rsquo;alto numero di codice identificativo del decoro (1850) porta a spostarne ulteriormente la datazione agli anni novanta.&nbsp; La circostanza che non sia stato riprodotto il trionfo al centro permette di supporre che l&rsquo;interesse del copista fosse quello di riprodurre solamente la composizione ornamentale.&nbsp;

Da un esemplare del Museo Nazionale del Bargello, con varianti

Disegno di piatto con decoro a Raffaellesche

Bozzetto preliminare per il pavimento della Loggia delle Benedizioni in San Pietro a Roma

Nell&rsquo;estate del 1923 la Richard-Ginori&nbsp; fu incaricata dalla Santa Sede di progettare la nuova pavimentazione in piastrelle di maiolica della Loggia delle Benedizioni.&nbsp; L&rsquo;archivio del Museo Ginori conserva molti studi e disegni progettuali relativi ai decori concepiti per questa commissione, uno dei quali &egrave; qui illustrato. La loggia in questione &egrave; una galleria lunga e stretta posta in corrispondenza del portico di facciata della Basilica di San Pietro in Vaticano. Questa occupa gran parte della lunghezza del fronte principale e coincide con i cinque grandi finestroni del secondo livello, con al centro la balconata dalla quale il papa appena eletto in Conclave impone la benedictio urbi et orbi. Nel 1922 Pio XI, appena salito al soglio pontificio, ristabil&igrave; la tradizione della benedizione papale dalla loggia di San Pietro, precedentemente abolita da Pio IX nel 1870, in polemica contro la presa di Roma.&nbsp;
Vennero coinvolti in questa impresa l&rsquo;architetto milanese Luca Beltrami per gli aspetti tecnici e Costantino Sneider per ideare le nuove mattonelle. La pavimentazione doveva essere composta da sezioni compartimentate e tre ottagoni, uno con lo stemma di papa Ratti e i restanti con iscrizioni. Il bozzetto preliminare qui mostrato presenta una preliminare idea compositiva per l&rsquo;ottagono centrale con lo stemma di Pio XI entro ghirlanda. Da questo si dipartono sezioni rettangolari in maiolica ornata da rosette in verde e giallo, delimitate da un fregio fogliaceo. La decorazione laterale &egrave; invece costituita da fasce e riquadri realizzati in mattonelle romboidali o squadrate in terracotta, delimitati da porzioni in bianco.&nbsp;
L&rsquo;idea di inserire la lunga sezione in maiolica decorata a rosette potrebbe essere giunta nell&rsquo;ottobre del 1923, quando il direttore della fabbrica Carlo Zerbi scrive a Beltrami che questa doveva apparire come un tappeto orizzontale che attraversava la sala. La composizione verr&agrave; successivamente variata e modificata, semplificata nei suoi aspetti principali e posta in opera nel 1924.&nbsp;

Architetture per un piatto della serie Le mie donne

Il disegno raffigura una composizione con architetture di fantasia, con note autografe di Gio Ponti (1881-1979),&nbsp; tra&nbsp; cui l&rsquo;indicazione&nbsp; &lsquo;Architetture per le Agata&rsquo;.&nbsp; Agata &egrave; una delle nove raffigurazioni femminili che compongono la serie &lsquo;Le mie donne&rsquo;, una fortunata famiglia di decori per vasi e piatti ornamentali in maiolica, ideata dall&rsquo;architetto milanese tra 1923 e 1927.&nbsp; Nel caso dei piatti, ogni figura femminile veniva accompagnata da un diverso capriccio architettonico, di cui il disegno in esame &egrave; un esempio. 
Non sempre gli abbinamenti indicati corrispondono a quelli effettivamente realizzati. In questo caso, ad esempio, un&rsquo;architettura simile, seppure con varianti, risulta abbinata a Donatella su funi, anzich&egrave; ad Agata. Ponti stesso dir&agrave; dell'enorme impressione che ebbe &ldquo;vivendo, durante la guerra, nei periodi di riposo dal fronte, in edifici del Palladio, e con la possibilit&agrave; di vederne pi&ugrave; che potevo&rdquo;; molti dei suoi decori per le ceramiche d&rsquo;arte Richard-Ginori, cos&igrave; come i primi edifici da lui progettati negli anni Venti, confermano questa ispirazione.&nbsp;

Gio Ponti, Vaso delle donne e delle architetture

L&rsquo;orcio decorato con donne e architetture appartiene alla serie Le Mie Donne, una delle pi&ugrave; note e ammirate famiglie decorative ideate da Gio Ponti per la Richard-Ginori. Riservata a oggetti d'arte in maiolica interamente dipinti a mano,&nbsp; la sua esecuzione richiedeva l&rsquo;opera dei pittori pi&ugrave; esperti.&nbsp; La serie riscosse un tale successo che Ponti nel corso degli anni la svilupp&ograve; in pi&ugrave; varianti, con donne su fiori e su funi,&nbsp; oltre che su nubi, in diverse combinazioni di colori.&nbsp;
Figure femminili adagiate su nuvole appaiono gi&agrave; al centro di alcuni piatti presentati alla Biennale di Monza del 1923. Ma &egrave; l&rsquo;anno successivo che il decoro viene elaborato e messo a punto in modo definitivo, sempre come decorazione per una serie di piatti, dove al di sotto delle nubi compaiono fantasie architettoniche diverse per ogni figura. Tra la fine del 1924 e il 1925 dai piatti la decorazione viene estesa a coppe tonde e ovali di varie misure e infine tutte le donne vengono riunite per rivestire un orcio, su un sontuoso e serrato sfondo continuo di edifici di tutte le epoche.&nbsp; Le donne sono identificate ciascuna da una particolare posa e da un nome indicato sul collo del vaso: &lsquo;Domitilla&rsquo; &lsquo;Fabrizia&rsquo;, &lsquo;Balbina&rsquo;, &lsquo;Agata&rsquo;, &lsquo;Emerenziana&rsquo;, &lsquo;Apollonia&rsquo;, &lsquo;Leonia&rsquo; e &lsquo;Donatella&rsquo;.&nbsp;
Il grande vaso partecip&ograve; all'esposizione di Parigi del 1925 e alla seconda Mostra Biennale delle Arti Decorative di Monza. Oltre alla versione in monocromia blu venne realizzato anche nei toni dell&rsquo;ocra.&nbsp;

Maiolica

Vaso delle donne e delle architetture

Vaso

Bozzetto per vaso a urna con decoro "donne su nuvole"

Il bozzetto raffigura un raro vaso con coperchio (mod. 1006, dec. 185) appartenente alla serie &lsquo;Le mie donne&rsquo;, ideata da Gio Ponti esclusivamente per le maioliche d&rsquo;arte tra 1923 e 1927, nelle varianti su nubi, su funi e su fiori. Di questo modello si conosce un solo esemplare, attualmente in collezione privata.&nbsp;
Il vaso &egrave; illustrato nel primo catalogo Ceramiche moderne d&rsquo;arte Richard-Ginori, Milano [s.d.], riferibile al 1925-1926 circa, p. 19, ma non compare in quello successivo del 1930. Si pu&ograve; ipotizzare che il disegno risalga al periodo in cui Ponti lavora agli oggetti da portare alle mostre di Milano e Parigi del 1925.&nbsp;
Il disegno non &egrave; definito nei dettagli perch&eacute;, come si evince anche dal particolare tratteggiato a lapis, in questo caso l&rsquo;autore intende indicare a chi doveva curare la decorazione come eseguire lo sfondo blu del cielo, a pennellate diagonali ben marcate. Ponti seguiva con cura lo sviluppo e l&rsquo;esecuzione delle sue idee a Doccia, nonostante il suo studio fosse a Milano. Lo stretto rapporto di collaborazione con lo stabilimento sestese e in particolare con Luigi Tazzini, responsabile delle produzioni d&rsquo;arte a Doccia, &egrave; fortunatamente documentato dal carteggio che tuttora si conserva nell&rsquo;archivio del Museo.

Bozzetto per vaso a urna con decoro donne su nuvole

Vaso con anse ad ala traforate

Questo vaso con anse ad ala traforate, decorato con arabeschi e fiori stilizzati in blu e lustro rubino, rientra nella produzione ottocentesca di manufatti che si ispirano a modelli ispano-moreschi del XIV e del XV secolo. Queste tipologie di prodotti compaiono per la prima volta nei registri di vendita e commissione della manifattura Ginori, compilati in occasione dell&rsquo;Esposizione Universale di Parigi del 1878.&nbsp;
Il vaso in questione ricalca, seppur con piccole varianti, la forma di <a href="https://collections.vam.ac.uk/item/O70406/vase-unknown/">un celebre esemplare </a>del XV secolo entrato nel 1863 nella collezione dell&rsquo;allora South Kensington Museum di Londra, oggi Victoria and Albert Museum (inv. 8968-1863).&nbsp;
Il decoro, di cui si conserva lo spolvero nell&rsquo;archivio del Museo Ginori, &egrave; invece una rielaborazione eclettica di ornati arabeggianti certamente riferibile ai decoratori della fabbrica di Doccia.

Manifattura Ginori di Doccia

Maiolica artistica

Gio Ponti, Urna  "La Passeggiata Archeologica"

Il vaso a urna &egrave; qui abbinato a La Passeggiata Archeologica, una delle famiglie decorative pi&ugrave; originali&nbsp; ideate da Gio Ponti per la Richard-Ginori. Con la leggerezza tipica del suo talento, l&rsquo;architetto milanese riesce qui a realizzare quella sintesi tra stile moderno e carattere inconfondibilmente italiano che riteneva la strada maestra da percorrere per il rinnovamento delle arti decorative nazionali.&nbsp;
La forma su base a parallelepipedo (identificata dal codice 395s) trae spunto da modelli antichi, ripresi anche nella produzione di Doccia di epoca Impero. Ponti li rielabora creando un&rsquo;elegante forma affusolata, in cui lo slancio verticale &egrave; accentuato dall&rsquo;assenza di anse.&nbsp;
Il modello viene selezionato per essere presentato alle esposizioni di Parigi e di Monza del 1925, dove si impone come una delle pi&ugrave; caratteristiche invenzioni pontiane. Il decoro &egrave; composto da un semplice fondo a pavimento che ricopre l&rsquo;intero oggetto con un&rsquo;angolatura diagonale, creando un&rsquo;illusoria ambientazione architettonica. Figure e arredi vi sono disposti ritmicamente, rimanendo per&ograve; sempre in primo piano. La crom&igrave;a &egrave; governata da una ferrea regola di alternanza tra il viola dei personaggi e il grigio degli elementi inanimati, mentre l&rsquo;oro definisce tutti i contorni e accresce la preziosit&agrave; del manufatto.&nbsp;
Il titolo La Passeggiata Archeologica evoca la cultura del Grand Tour, a cui alludono gli abiti di fogge settecentesche di alcune figure, ma riecheggia anche la denominazione del vasto parco archeologico costituito a Roma nel secondo decennio del &lsquo;900. Il tema figurativo &egrave; databile al 1923, anno in cui compare alla prima mostra Biennale di Arti Decorative di Monza, e la sua attribuzione a Ponti &egrave; confermata dalla presenza della sua firma su molte delle ceramiche cos&igrave; decorate. In questo caso firma e data sono esibite su una faccia esterna della base. Solitamente invece, esse sono nascoste alla vista, come le marche di fabbrica.&nbsp;

Urna La Passeggiata Archeologica

Gio Ponti, Cista “La Conversazione classica”

Ripreso da una forma tipica dell&rsquo;arte etrusca, il modello della cista con coperchio, abbinato alle decorazioni pi&ugrave; auliche, era considerato da Gio Ponti una vera e propria summa della qualit&agrave; artistica delle porcellane da lui ideate per la Richard-Ginori. Nel 1925 Ponti presenta a Monza e Parigi un nuovo lussuoso decoro destinato a oggetti importanti: La Conversazione classica. Simile a La Passeggiata archeologica nella concezione generale, se ne distingue per i numerosi soggetti che lo compongono e per lo sfondo pi&ugrave; elaborato. Vi compaiono dodici personaggi alternati a quattro gruppi di putti, a una coppia di cani e a quindici elementi architettonici o d'arredo tra i quali una fontana, un'erma e una protome equina. Nessun elemento &egrave; raffigurato pi&ugrave; di una volta sullo stesso oggetto. &Egrave; per questo motivo che su un oggetto di grandi dimensioni come la cista vengono inserite anche figure appartenenti a La Passeggiata archeologica.&nbsp;
I soggetti sono ispirati a fonti iconografiche e a repertori archeologici a stampa. La crom&igrave;a de La Conversazione classica su porcellana ricalca quella dell'urna con decoro La Passeggiata archeologica (inv. 3325): figure in viola, arredi in grigio, con profili e particolari in oro. Ponti si raccomanda di rispettare questa regola e di resistere alla tentazione di variare i colori. Versioni con figure in verde e in blu e dettagli personalizzati saranno tuttavia realizzate eccezionalmente per le ciste donate a Ugo e Fernanda Ojetti, oggi conservate al Museo Poldi Pezzoli di Milano.&nbsp;

Cista La Conversazione classica

Gio Ponti, Grande vaso "La Conversazione classica"

La sontuosa famiglia decorativa ideata da Ponti nel 1925 e denominata La Conversazione classica trova la sua applicazione pi&ugrave; estesa su questo monumentale orcio a sei anse in maiolica, realizzato per l&rsquo;esposizione internazionale di arti decorative di Parigi e mai pi&ugrave; replicato. Il decoro,&nbsp; presentato nello stesso 1925 anche alla Biennale di Monza, ricalca in versione pi&ugrave; elaborata il gi&agrave; ben collaudato schema compositivo ideato per La Passeggiata archeologica. Su un fondo che imita un pavimento intarsiato a motivi geometrici e vasi stilizzati, sono disposti dodici personaggi (alcuni dei quali identificabili come l&rsquo;architetto, l&rsquo;edile, il poeta, il nummario etc.) alternati a gruppi di putti, una coppia di cani e quindici elementi architettonici o d'arredo. Tra questi sono riconoscibili una cista etrusca, un'erma con satiro, una Venere acefala, un candelabro, una protome equina, ma anche una fontana in marmo presentata alla seconda Biennale di Monza&nbsp; e disegnata dallo stesso Gio Ponti. 
I soggetti sono liberamente&nbsp; ispirati a&nbsp; reperti archeologici e ad altre fonti iconografiche antiche, rivisitate in chiave d&eacute;co. Rimandano all&rsquo;antichit&agrave; classica anche la data in numeri romani e il titolo e la firma di Gio Ponti&nbsp; in caratteri ispirati alla grafia lapidaria antica. Nell&rsquo;ambito della Conversazione classica la monocrom&iacute;a nei toni dell&rsquo;ocra, ravvivata solo dalle quadrature in azzurro, &egrave; esclusiva di quest&rsquo;orcio. 
Singole figurazioni della stessa famiglia decorativa sono state eseguite in maiolica su fondo blu, rosso o bruno. In porcellana lo stesso decoro veniva invece proposto con sfondo a pavimento in oro e diverse combinazioni cromatiche, oppure sui vasi piumati in oro agatato su fondo bianco.&nbsp;

Vaso  La Conversazione classica

Giovanni Gariboldi, Vaso con ramo di biancospino

Anche se non esiste documentazione certa, questo vaso ornato da un grande ramo di biancospino in oro e grigio su un fondo blu lapislazzulo, &egrave; attribuibile a Giovanni Gariboldi (1908-1971), dai primi anni trenta principale disegnatore delle ceramiche d&rsquo;arte Richard-Ginori.&nbsp;
La ceramica orientale &egrave; la principale fonte di ispirazione sia della forma che del decoro. La forma, che ricorda il tradizionale vaso Meiping cinese, era gi&agrave; presente nel repertorio della manifattura fin dai primi del &lsquo;900 (mod. 1499).&nbsp;
Il decoro trae probabilmente spunto dai rami di pruno su fondo nero presenti su vasi di manifattura cinese in voga nel XIX secolo (un esempio al Victoria &amp; Albert Museum inv. C. 1314-1910)&nbsp; di cui nell&rsquo;Ottocento la stessa manifattura di Doccia esegu&igrave; imitazioni. &nbsp;
Il prototipo orientale &egrave; un punto di partenza che viene reinterpretato con libert&agrave;, curando il disegno nei dettagli e puntando a valorizzare le capacit&agrave; esecutive delle maestranze e l&rsquo;impiego delle tecniche decorative pi&ugrave; raffinate, che in questo periodo venivano eseguite interamente a mano. Particolarmente felice in questo caso &egrave; l&rsquo;accostamento del blu intenso polveroso con la lucentezza dei fiori bianchi e i caldi bagliori del ramo spinoso in oro agatato.&nbsp;
Dal numero di decoro (1799E) possiamo dedurre che l&rsquo;ideazione risalga al 1938 circa.

Giovanni Gariboldi

Vaso con ramo di biancospino

Giovanni Garibaldi, Vaso a conchiglia con rilievi a soggetti marini

Riferibile a Giovanni Gariboldi (1908-1971), principale disegnatore delle ceramiche d&rsquo;arte Richard-Ginori negli anni trenta e quaranta, questo vaso &egrave; modellato a forma di conchiglia e ornato all&rsquo;esterno con piccoli animali marini in rilievo tra cui un granchio, alghe e stelle marine dipinti in oro. L&rsquo;interno &egrave; decorato a spruzzo dorato con bordo a frange in oro. Si pu&ograve; quindi ipotizzare una datazione del decoro (1948E) uguale o posteriore al 1940, anno in cui questa tecnica &egrave; attestata per la prima volta. Il modello era invece disponibile anche in precedenza, con varianti nel decoro di cui una senza applicazioni in rilievo (1759E ; 1764s, inv. 3349).&nbsp;
Il mondo marino &egrave; un&rsquo;ispirazione ricorrente nell&rsquo;immaginario di Gariboldi nel corso di tutta la sua lunga attivit&agrave;. Nel 1940 l&rsquo;artista presenta alla Triennale di Milano la Coppa del mare in biscuit e una serie di altri vasi con rilievi marini, tra cui una fioriera con coperchio forato (inv. 3516).

Vaso a conchiglia con rilievi a soggetti marini

Giovanni Gariboldi, Coppa delle armi

La grande coppa, poggiante su piede ad anello, &egrave; decorata con un rilievo che raffigura un'elegante composizione con trofei di armi antiche tra cui un cimiero, un arco con frecce, alabarde e scudi. La particolare finitura opaca, senza invetriatura, esalta la finezza del modellato, enfatizzato anche dal contrasto fra il colore di fondo e il bianco del trofeo.&nbsp;
Un esemplare dello stesso modello (mod. 1901s) venne presentato dalla Richard-Ginori alla VII Triennale di Milano del 1940, dove Giovanni Gariboldi ottenne il diploma d&rsquo;onore. La partecipazione delle porcellane Richard-Ginori all&rsquo;importante rassegna milanese &egrave; illustrata in un ampio articolo su Domus da Gio Ponti che,&nbsp; pur elogiando il lavoro di Gariboldi,&nbsp; sembra quasi ammonirlo sul rischio di eccedere in raffinatezza. Un giudizio ancor pi&ugrave; pungente fu espresso sulla rivista Emporium da Roberto Papini, che sembra alludere proprio a questa coppa quando rimprovera alla Richard-Ginori di essere &ldquo;orgogliosa di risuscitare certi cammei alla Wedgwood&nbsp; che da almeno un secolo erano passati di moda&rdquo;.&nbsp;
Il Museo Ginori conserva altre varianti (invv. 3536, 3538, 3540) di cui una monocroma e le altre decorate in bicromia come questa. &nbsp;

Coppa delle armi

Coppa

Giovanni Gariboldi, Porta candela con piume in rilievo

Il basso portacandela cilindrico &egrave; ornato con piccole piume bianche modellate naturalisticamente in rilievo, che lo avvolgono a partire dal piede d&rsquo;appoggio, staccandosi dal fondo unito in oro satinato. Due portacandela di questo tipo sono illustrati su Domus, ai lati di una scultura raffigurante un gallo (nella collezione del museo gli esemplari invv. 3560, 3561, 3363), il cui folto piumaggio fu la fonte di ispirazione del decoro. I tre elementi erano pensati dunque anche per comporre un insieme, come centro da tavola o arredo per consoles.
Presentato all&rsquo;esposizione di arti decorative di Parigi del 1937, questo portacandela &egrave; tra i primi esempi documentati della collaborazione di Gariboldi con la fabbrica Richard-Ginori di Doccia. In precedenza il nome del disegnatore era comparso solo in associazione a terraglie o gr&egrave;s&nbsp; (prodotti nello stabilimento di S. Cristoforo), ma gi&agrave; in queste prime prove Gariboldi dimostra una notevole sensibilit&agrave; per le peculiarit&agrave; della porcellana, evidente nella resa mimetica del movimento delle piume in rilievo, appena scomposte, che&nbsp; esalta la finezza e il candore del materiale.

Portacandela con piume in rilievo

Portacandela

Giovanni Gariboldi, Vaso con foglie di acanto in rilievo

Tradizionalmente impiegata dalle manifatture ceramiche europee per modellare le anse di rinfrescatoi e zuppiere, la foglia d&rsquo;acanto con le sue volute frastagliate &egrave; l&rsquo;unica protagonista del motivo decorativo di questo vaso, attribuito a Giovanni Gariboldi su base stilistica.
Reinterpretando in chiave moderna l&rsquo;antico motivo della foglia d&rsquo;acanto, il disegnatore la utilizza come un prezioso merletto che veste il fondo verde acqua del collo di questo vaso di forma ovoidale schiacciata.&nbsp;
La sua ideazione &egrave; databile&nbsp; intorno al 1946 quando la produzione delle ceramiche d&rsquo;arte, interrotta a causa della guerra, riprende sia nella fabbrica di Doccia che in quella di S. Cristoforo.&nbsp;
Gariboldi utilizza motivi di foglie lobate, pi&ugrave; o meno stilizzate, in diversi dei suoi modelli in terraglia databili allo stesso anno (modd. 7416, 7418, 7479, 7483 ) alcuni esemplari dei quali furono donati dalla stessa Societ&agrave; Richard-Ginori al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, dove sono tuttora conservati (invv. 1386, <a href="https://bit.ly/3dxhwel">1396</a>, <a href="https://bit.ly/3CcVRT0">1452</a><a href="https://bit.ly/3CcVRT0"></a>).
Il Museo Ginori possiede un altro vaso in porcellana simile, ma di maggiori dimensioni e dipinto in giallo chiaro (inv. 3278;&nbsp; modello 2128s, decoro 1991E) e un vaso in cui lo stesso motivo a foglie incornicia una decorazione a bassorilievo figurato (inv. 3558; modello 2131s decoro 1995e).

Vaso con foglie di acanto in rilievo 

Giovanni Gariboldi, Fioriera con rilievo a soggetti marini

La tipologia del vaso da fiori con coperchio forato, piuttosto rara nella produzione della manifattura di Doccia, &egrave; stata introdotta nel repertorio novecentesco della Richard-Ginori da Gio Ponti (mod. 715s, nella collezione del Museo inv. 3287).&nbsp;
Questo esemplare appartiene a una serie di porcellane d&rsquo;arte di diverse forme e misure, con soggetti marini e floreali, ideata da Giovanni Gariboldi e presentata alla Triennale di Milano del 1940.
La fioriera ha un profilo trapezoidale, pareti scanalate e un coperchio mobile traforato per accogliere gli steli di quattordici fiori (mod. 1895s dec 2007 E). Una delle facce maggiori &egrave; ornata da una&nbsp; piccola riserva rettangolare a soggetti marini bianchi in leggero rilievo su fondo dorato. L&rsquo;eleganza rigorosa delle costolature,&nbsp; la finezza dei rilievi e il delicato accostamento tra bianco, oro a spruzzo e l'inusuale tonalit&agrave; verde acqua mirano a un effetto di&nbsp; raffinatezza composta e sofisticata, evocando le atmosfere patinate degli interni di lusso e l&rsquo;alta moda del periodo.&nbsp;
Il fondo in verde, sulla base della progressione del codice identificativo del decoro (2007E) potrebbe essere una variante cromatica pi&ugrave; tarda rispetto a quelle presentate nel 1940.&nbsp;
Nella collezione del Museo si conserva un altro esemplare di questo stesso modello (inv. 3606, decorato con una differente crom&igrave;a cod. 1901E) che reca la firma a decalcomania &lsquo;Giovanni Gariboldi&rsquo;. L&rsquo;attribuzione &egrave; confermata anche da un articolo di Gio Ponti apparso su Domus nel giugno del 1940, che illustra altri modelli della medesima serie.

Fioriera con rilievo a soggetti marini

Giovanni Gariboldi, Vaso piriforme con rilievo a foglia ondulata

Emblematico della capacit&agrave; tipica di Gariboldi di esaltare la qualit&agrave; della porcellana lavorando con spessori appena percettibili, che sembrano, in questo caso, vestire l&rsquo;oggetto come un tessuto, il vaso &egrave; decorato con un leggero rilievo, simile a un guscio o a una foglia smerlata e delicatamente ondulata che ne avvolge il corpo ovoidale, fino all&rsquo;attaccatura del collo.
Un esemplare dello stesso modello (mod. 1887s) venne presentato dalla Richard-Ginori alla VII Triennale di Milano del 1940, dove Giovanni Gariboldi ottenne il diploma d&rsquo;onore. Per l&rsquo;occasione Gio Ponti, su Domus, dedic&ograve; alle porcellane d&rsquo;arte Richard-Ginori un ampio articolo, all&rsquo;interno del quale compare anche questo vaso.&nbsp;
Le porcellane presentate dalla Richard-Ginori alla VII Triennale non sfuggirono per&ograve; alle critiche di un osservatore acuto come Roberto Papini, che non le ritenne sufficientemente innovative: &ldquo;Non diciamo che questi sforzi per riportare la porcellana ai livelli di preziosit&agrave; che le compete non siano lodevoli: mancano per&ograve; d&rsquo;ardire, risentono di una ricercata mondanit&agrave; da salotto che sa di paura e indebolisce i tentativi nel nascere [...]&rdquo;.&nbsp;
Il Museo Ginori conserva altre varianti sia monocrome che bicrome come questa (invv. 3339, 3340, 3341, 3342).

Vaso piriforme con rilievo a foglia ondulata 

Giovanni Gariboldi, Vaso con salamandra

Ideato da Giovanni Gariboldi nel 1937 per l&rsquo;Esposizione internazionale "Arts et Techniques dans la Vie moderne&rdquo; di Parigi &nbsp;(mod 1647s), questo vaso piriforme trae ispirazione da una tipologia ricorrente nella tradizione estremo orientale.
Intorno allo stretto collo &egrave; avvolto un rettile a tutto tondo - definito &lsquo;salamandra&rsquo; nei tariffari - in atto di cacciare con la potente lingua retrattile. Rispetto ai prototipi in ceramica cinese, dove prevaleva il significato simbolico attribuito all&rsquo;immagine del drago, qui la posa enfatizza l&rsquo;espressivit&agrave; minacciosa dell&rsquo;animale con un&rsquo;evidenza plastica molto maggiore e grande attenzione al dettaglio naturalistico.
Il delicato color verde giada che riveste il vaso in esame pu&ograve; ricordare la tipologia orientale nota in Europa come celadon, ma se ne distingue perch&eacute; privo di trasparenza ed applicato a un tipo diverso di impasto.&nbsp;
Il Museo Ginori possiede altri quattro esemplari di questo modello con una diversa crom&igrave;a (invv. 3525, 3526, 3553, 3554).&nbsp;

Vaso con salamandra

Giovanni Gariboldi o Elena Diana, Vaso con farfalle

Il vaso ornato da quattro farfalle a tutto tondo &egrave; attribuibile al periodo di direzione artistica di Giovanni Gariboldi (1908-1971). Tuttavia l&rsquo;etichetta in carta applicata sotto la base sembra indicare che l&rsquo;autrice di questo particolare modello sia Elena Diana. La decoratrice &egrave; nota soprattutto per la sua abilit&agrave; nella tecnica dell&rsquo;oro agatato, ma negli anni quaranta la manifattura di Doccia ha realizzato anche modelli originali di sua ideazione (vaso con felce inv. 3566,&nbsp; e vaso con collana di perle inv. 2594). 
La forma si distingue per il nitido profilo. Le ali delle farfalle stilizzate e accostate le une alle altre creano un elegante motivo tridimensionale dal forte risalto plastico. All&rsquo;effetto di ricercata preziosit&agrave; contribuisce anche il particolare smalto bianco pannoso, dai riflessi iridescenti, con dettagli in oro segnato a punta d&rsquo;agata. 
Dal numero di modello (mod. 2112s) possiamo dedurre che l&rsquo;ideazione sia posteriore al 1940. Considerando che durante il periodo bellico la produzione di porcellane d&rsquo;arte fu in parte o del tutto sospesa, &egrave; probabile che si tratti di una creazione degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra.

Giovanni Gariboldi o Elena Diana

Vaso con farfalle 

Lastra raffigurante Madonna con bambino

Questa lastra raffigurante una Madonna con Bambino &egrave; tratta da un dipinto del pittore napoletano Domenico Morelli, oggi noto solamente grazie a una fotografia conservata presso l&rsquo;archivio del Museo Ginori.&nbsp;
Entrata probabilmente in produzione nel 1878, quando viene presentata all&rsquo;Esposizione Universale di Parigi con l&rsquo;indicazione del numero di modello e di decoro, risulta citata come prototipo all&rsquo;Esposizione di Vienna del 1873.&nbsp;
&Egrave; probabile che il modello di questa maiolica, cos&igrave; come di altri esemplari in maiolica tratti da opere pressoch&eacute; coeve e realizzati dalla manifattura nello stesso periodo, fossero arrivati a Doccia per l&rsquo;intermediazione del pittore calabrese Giuseppe Benassai, amico del Morelli e dal 1870 direttore artistico della fabbrica. Benassai, infatti, non si era limitato a eseguire disegni e decori di sua invenzione, ma aveva fornito anche prototipi a stampa o fotografici tratti da altre fonti pittoriche.&nbsp;
La fortuna di queste composizioni, utilizzate come immagini sacre da porre a capo letto, &egrave; documentata anche dai loro prestigiosi acquirenti, tra i quali figurano l&rsquo;imperatrice di Germania e regina di Prussia Vittoria di Sassonia-Coburgo-Gotha e la regina d&rsquo;Italia Margherita di Savoia.

Da un dipinto di Domenico Morelli, con varianti

Lastra raffigurante Madonna con Bambino    

Zuppiera Firenze con decoro a tralci di foglie verdi

La zuppiera con coperchio, la cui forma &egrave; denominata &lsquo;Firenze&rsquo;, &egrave; caratterizzata da manici e presa a nastro intrecciato ed &egrave; decorata con una bordura di fronde stilizzate composte da file ordinate di piccole foglie cuoriformi in verde, sorrette e collegate tra loro da tralci in rosso bruno. L&rsquo;ornato &egrave; completato da filettature in oro che sottolineano i profili del contenitore.&nbsp;
Questo modo di sintetizzare l&rsquo;elemento naturalistico e di scandire&nbsp; ritmicamente la superficie con intrecci di linee, riflette le tendenze decorative dell&rsquo;Art Nouveau, che il direttore artistico Luigi Tazzini declina a Doccia sia nell&rsquo;ambito delle ceramiche d&rsquo;arte che nella produzione di numerosi servizi da tavola. Una decorazione simile &egrave; illustrata a colori con il numero identificativo 3276 in una tavola di catalogo&nbsp; databile al primo decennio del Novecento,&nbsp; dove &egrave; applicata su un servizio da caff&egrave; di forma &lsquo;Vigna&rsquo;.&nbsp;

Liberty

Bozzetto pubblicitario per Società Ceramica Richard-Ginori

Databile al primo decennio del Novecento il bozzetto che pubblicizza il deposito di Milano della Richard-Ginori &egrave; improntato al gusto Liberty. Realizzato a carboncino, matita e acquerello su carta, vi si trovano raffigurati vari tipi di manufatti prodotti dalla fabbrica. Tra piatti impilati, piattelle con tesa decorata a motivi forse floreali, un vaso a collo lungo e tazze, si scorgono alcuni oggetti&nbsp; in stile Art Nouveau. Il vaso a bocca circolare in primo piano a sinistra mostra sul corpo leggermente bombato una decorazione a fiori stilizzati, simile ad altri esemplari conservati presso il Museo Ginori (inv. 2456). Anche la zuppiera con coperchio presenta un ornato a steli a raggiera nella parte esterna del recipiente.&nbsp;
Il tema floreale &egrave; largamente frequentato dalla Richard-Ginori nel periodo di adesione allo stile Liberty nei primissimi anni del Novecento, dietro la spinta del direttore artistico Luigi Tazzini. Questi motivi si affiancano inoltre alla ricerca di nuove forme, spesso zoomorfe, come testimoniato dal vaso con pavoni affrontati, vero protagonista del bozzetto. Capolavoro del design della Richard-Ginori del periodo Art Nouveau, l&rsquo;esemplare &egrave; conservato nella sua versione grande in porcellana bianca al Museo Ginori (inv. 2001). I pavoni, animali simbolo del liberty per la loro natura leggiadra, sono raffigurati appoggiati sulla spalla del vaso, che ricoprono idealmente con entrambe le code piumate.&nbsp;
Il manifesto pubblicitario doveva presentare quanto di meglio la Manifattura di Doccia era in grado di offrire e mostrare la sua aderenza a modelli in voga in quegli anni.&nbsp;

Bozzetto pubblicitario per la Società Ceramica Richard-Ginori

Disegno di una lampada con foglie e fiori di calla

Questo bozzetto a lapis, china e acquerello su carta mostra uno studio per la realizzazione di una lampada in porcellana di sagoma svasata, con decoro a steli di calle in rilievo sul corpo e fogliami alla base. In alto la forma &egrave; caratterizzata da una raggiera di foglie sovrapposte sempre in rilievo in differenti tonalit&agrave; di verde. Il paralume &egrave; forse pensato per essere realizzato in litofania, una porcellana di spessore graduato che permette di far passare la luce per mostrare un decoro.&nbsp;
Il disegno, databile al primo decennio del Novecento, rispecchia pienamente l&rsquo;adesione della Manifattura di Doccia a stilemi propri del nuovo linguaggio Art Nouveau. Promotore di questa rivoluzione fu il responsabile della produzione artistica della fabbrica Luigi Tazzini, che port&ograve; a Doccia suggestioni relative a morfologie e modelli decorativi visti all&rsquo;Esposizione Universale di Parigi del 1900. La produzione d&rsquo;arte della Manifattura di Doccia tra il 1900 e il 1910 abbraccia appieno la nuova tendenza: traendo ispirazione dal mondo&nbsp; vegetale (spesso in dialogo con leggiadre figure femminili), forma e decorazione si compenetrano l&rsquo;una nell&rsquo;altra in un insieme organico.&nbsp;

Richard-Ginori

Disegno di una lampada con foglie e fiori di calla 

Vaso modellato con iris in rilievo

Il vaso a sezione circolare in porcellana bianca &egrave; decorato con steli di iris a rilievo lungo tutto il corpo, mentre le corolle affiancate intorno all&rsquo;orlo ornano con i loro petali la bocca del manufatto. Alcuni di questi, modellati a tutto tondo, sporgono in corrispondenza del calice a formare una voluta, per poi riunirsi al resto della composizione sul bordo superiore. 
Come spesso avviene per i manufatti del periodo Liberty, la decorazione partecipa alla forma dell&rsquo;oggetto, divenendo parte integrante nella definizione del profilo del vaso. L&rsquo;iris, fiore prediletto dall&rsquo;estetica del modernismo per il lungo stelo e le foglie slanciate, era particolarmente amato a Firenze perch&egrave; simbolo della citt&agrave;.

Lumiera da muro a forma di ostrica

Presentato all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902, questo modello di lumiera da muro era esposto come parte dell&rsquo;arredamento della sala da pranzo ideata da Giovanni Buffa per il padiglione della Richard-Ginori. L&rsquo;applique raffigura una sirena che abbraccia una conchiglia a spirale, al cui interno andava inserita la montatura metallica per la lampadina. La figura con una lunga coda attorcigliata si staglia su di una grande valva di ostrica, forata nella parte posteriore per il passaggio del cavo di alimentazione.&nbsp;
L&rsquo;accostamento di forme naturali a raffigurazioni di personaggi femminili dai profili sinuosi rispondeva al gusto legato ai nuovi modelli decorativi dell&rsquo;Art Nouveau. Il giocoso groviglio creato dalla coda della sirena, che lascia infine spuntare la pinna caudale a bassissimo rilievo sulla valva, accentua la leggerezza della composizione. Il modello per questa applique venne soppresso dalla Richard-Ginori nel 1906.

L'aria

Presentata all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902, la figura L&rsquo;Aria era esposta come parte dell&rsquo;arredamento della sala da pranzo ideata da Giovanni Buffa per il padiglione della Richard-Ginori. 
La figura femminile in porcellana bianca, panneggiata con un abito mosso dal vento che ne&nbsp; sottolinea le forme, &egrave; ritratta con le braccia alzate a sostegno di una piccola plafoniera. Originariamente, infatti, questa composizione costituiva la base per una lampada e come tale era stata presentata all&rsquo;esposizione torinese. Al Museo Ginori si conserva una seconda versione dell&rsquo;opera, realizzata a partire dalle forme originali nel 1969 ed esposta alla mostra sul Liberty italiano di Milano del 1972 (inv. 7466).&nbsp;
L&rsquo;elegante sinuosit&agrave; della figura&nbsp; &egrave; accentuata dal gesto di sollevarsi in punta di piedi, accompagnata dal panneggio e dagli svolazzi del vestito. 
Sotto la direzione di Luigi Tazzini, la produzione della Manifattura di Doccia &egrave; stata caratterizzata dall&rsquo;ideazione di nuove forme, composizioni e decori che si differenziavano fortemente da quanto prodotto fino a quel momento. Tale scelta si inseriva nel solco di un nuovo percorso artistico europeo, tracciato dalle innovative soluzioni ornamentali in stile Art Nouveau.

L’Aria

Sculture e modelli 

Vaso con foglie e bacche rosse

Il vaso a forma globulare espansa, con piccolo collo bordato in oro alla bocca, &egrave; caratterizzato da un decoro stilizzato che raffigura sottili tralci di foglie verdi e bacche rosse contornate in oro. Il fondo azzurro, variato dalla presenza di nubi bianche, contribuisce a dare l&rsquo;impressione di una certa tridimensionalit&agrave;.&nbsp;
La produzione in porcellana della Richard-Ginori nel primo decennio del Novecento si caratterizza per l&rsquo;ideazione di modelli legati al nuovo linguaggio Liberty, in quel periodo preponderante in Europa. A oggetti con elementi antropomorfi e fitomorfi in altorilievo&nbsp; si affiancano anche profili pi&ugrave; semplici e lineari, impreziositi da decorazioni che sperimentano tecniche nuove. In questo caso i tenui colori impiegati sembrano ispirarsi alla tavolozza di pigmenti sotto vernice introdotta per la prima volta in porcellana dalle manifatture danesi Royal Copenhagen e Bing &amp;Grohndal.

Vaso con gigli

Questo vaso dalla linea semplice, con collo basso e svasato e bordo ondulato alla bocca, &egrave; caratterizzato da un prezioso decoro dipinto a mano con gigli bianchi su fondo celeste pallido. La sagoma dello stelo fiorito &egrave; sempre la stessa e si ripete identica per tre volte sul corpo. L&rsquo;orlo &egrave; segnato da una filettatura in oro che segue l&rsquo;andamento del profilo in porcellana.&nbsp;
Vasi di questa forma furono presentati all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902, nella sala da pranzo ideata da Giovanni Buffa per il padiglione della Richard-Ginori. Gli ornati proposti all&rsquo;epoca dalla Manifattura su questa tipologia di oggetti raffiguravano prevalentemente fiori con foglie e steli curvilinei su fondi in delicati colori pastello, in linea con il gusto Art Nouveau che fu sviluppato a Doccia dal direttore artistico Luigi Tazzini.

Vaso con gigli su fondo celeste

Vaso a lungo collo con decoro a lava colata

Questo vaso a collo lungo presenta la decorazione, denominata&nbsp; &lsquo;a lava colata&rsquo;, che viene sperimentata dalla Manifattura di Doccia nei primi anni del Novecento sotto la direzione di Luigi Tazzini. L&rsquo; effetto marmorizzato in giallo, marrone,&nbsp; grigio e oro &egrave; il risultato, in parte casuale, di un procedimento che prevede che lo smalto venga fatto scendere sulla superficie creando morbide colature di colore.&nbsp;
Questa tecnica si ispira a esempi realizzati da ceramisti francesi alla fine del XIX secolo, a loro volta suggestionati da opere di artisti giapponesi. La sua fortuna si deve in gran parte gli esiti imprevedibili della gocciolatura di smalto, che fino ad allora era considerata un grave difetto di produzione, mentre qui &egrave; valorizzata come ornamento.
Il Museo Ginori conserva un altro esemplare decorato con lo stesso metodo, ma nei toni del blu e oro (inv. 1979).&nbsp;

Vaso a collo lungo con decoro a lava colata

Vaso a collo lungo con ciclamini

Gli ornati proposti all&rsquo;inizio del Novecento dalla Manifattura di Doccia privilegiano i motivi floreali legati alla fortuna del linguaggio Art Nouveau, introdotto dal direttore artistico Luigi Tazzini.&nbsp;
Questo vaso a corpo liscio con collo lungo &egrave; impreziosito da un decoro pittorico stilizzato che raffigura ciclamini blu e foglie verdi su un fondo verde pallidissimo. Le linee dorate, tracciate graficamente a imitazione delle curvature degli steli, circoscrivono sommariamente anche le sagome delle corolle e del fogliame. Il segno, interrompendosi, contribuisce ad aumentare il senso di bidimensionalit&agrave; dato dalla raffigurazione sintetica.&nbsp;
Rappresentazioni simili si rintracciano in opere in collezione privata, mentre un vaso con ciclamini interamente realizzati con segno in oro su fondo blu gran fuoco &egrave; conservato presso il Museo Ginori (inv. 2783). Questo era stato presentato dalla Richard-Ginori all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902. Ne deduciamo&nbsp; che&nbsp; gi&agrave; a quella data questa tipologia di decorazione venisse&nbsp; eseguita a Doccia.&nbsp;

Vaso con papaveri

Il vaso a forma di orcino, dal corpo liscio con basso collo cilindrico, presenta una raffinata decorazione a fiori di papavero in oro, bruno e argento su fondo celeste. Incornicia la corolla&nbsp; un motivo grafico a&nbsp; linee ondulate in oro in corrispondenza della spalla. 
Vasi di questa forma furono presentati all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902, nello spazio allestito dalla Richard-Ginori. 
L&rsquo;aggiornamento in stile Liberty della produzione&nbsp; di Doccia, di cui questo vaso &egrave; un esempio, si deve a Luigi Tazzini, direttore artistico dell&rsquo;epoca. Dal punto di vista tecnico si nota una&nbsp; particolare ricerca di tridimensionalit&agrave;&nbsp; ottenuta, oltre che con effetti di chiaroscuro,&nbsp; anche con l&rsquo;applicazione di dettagli in rilievo p&acirc;te sur p&acirc;te. Una tecnica simile &egrave; stata usata a Doccia per un celebre servizio da dessert commissionato da Umberto I e Margherita di Savoia, realizzato tra 1884 e 1907 e tuttora conservato al Palazzo del Quirinale.

Fioriera con figure danzanti

Il corpo di questa fioriera in biscuit &egrave; composto da tre figure femminili fasciate da un sottile abito mosso dal vento, che - con le braccia protese all&rsquo;indietro - stringono tra le mani i lembi del tessuto. L&rsquo;impressione &egrave; che stiano danzando sospese in aria, sostenute dal vorticoso groviglio di stoffa che costituisce la base del vaso. Tema caro allo stile Liberty del primo Novecento, la raffigurazione&nbsp; della sinuosit&agrave; del corpo femminile &egrave; enfatizzata dalla presenza di drappi ondeggianti, che ne segnano le forme e accentuano l&rsquo;idea di leggerezza.&nbsp;&nbsp;
Il&nbsp; vaso fu presentato all&rsquo;Esposizione Internazionale di arte decorativa moderna di Torino del 1902, nella sala da pranzo ideata da Giovanni Buffa per la Richard-Ginori. Ad ispirarne la forma fu probabilmente il manifesto ufficiale ideato per la mostra dal pittore Leonardo Bistolfi che raffigurava quattro donne in abiti svolazzanti intente a danzare in un prato. L&rsquo;idea di tradurre in porcellana la danza e i corpi che ballano rispondeva al linguaggio tipico dell&rsquo;Art Nouveau e aveva un illustre precedente anche nel centro tavola&nbsp; dal titolo &ldquo;Jeu l'&eacute;charpe" modellato dallo scultore Agathon Leonard e realizzato in biscuit dalla manifattura di S&egrave;vres.

Biscuit

Fioriera con figure danzanti   

Vaso a forma di tronco con figura femminile

Questo vaso-scultura in porcellana bianca e biscuit rappresenta una figura femminile nuda che fuoriesce dal tronco di un albero. L&rsquo;attenzione &egrave; concentrata sulla purezza della materia, non intaccata dalla presenza di alcuna decorazione pittorica o doratura. L&rsquo;adesione da parte della Manifattura di Doccia allo stile Liberty nei primissimi anni del Novecento si deve alla direzione del lombardo Luigi Tazzini, che aveva avuto modo di vedere le creazioni in porcellana in stile Art Nouveau delle varie manifatture europee all&rsquo;Esposizione Universale di Parigi del 1900 e aveva portato a Doccia appunti e disegni.&nbsp;
Di questa composizione, che appare caricarsi quasi di un significato simbolico, con la piccola figura che esce dalle tenebre andando incontro alla luce, si conserva presso l&rsquo;Archivio del Museo Ginori <a href="https://museoginori.org/collezioni/studio-per-vaso-a-tronco-d-albero-con-figura-femminile">un bozzetto </a>che richiama quasi fedelmente la realizzazione finale, a esclusione della posa del braccio destro della figurina, frutto di un ripensamento (inv. Disegni 2707).

Vaso a forma di tronco d’albero con figura femminile   

Studio per vaso a tronco d’albero e figura femminile

Questo bozzetto a matita su carta mostra lo studio per un vaso a forma di tronco d&rsquo;albero dal quale fuoriesce una figura femminile nuda. Di questa stessa composizione esiste presso il Museo Ginori una <a href="https://museoginori.org/collezioni/vaso-a-forma-di-tronco-d-albero-con-figura-femminile">traduzione in porcellana bianca</a> che richiama quasi fedelmente il disegno, ad esclusione della posa del braccio destro della figura (inv. 7467). &Egrave; interessante osservare come da principio l&rsquo;illustratore abbia tracciato tale dettaglio in due differenti posizioni, una maggiormente rispondente alla versione ceramica con il braccio alzato in corrispondenza della fronte, e l&rsquo;altra, poi ricalcata e resa definitiva, con l&rsquo;arto abbassato e scostato dal fianco.&nbsp;
L&rsquo;immagine, che appare caricarsi quasi di un significato simbolico, con la piccola figura che esce dalle tenebre alla luce, rispecchia l&rsquo;adesione da parte della Manifattura di Doccia allo stile Liberty nei primissimi anni del Novecento. L&rsquo;allora direttore artistico Luigi Tazzini aveva avuto modo di vedere le creazioni in porcellana in stile Art Nouveau delle varie manifatture europee all&rsquo;Esposizione Universale di Parigi del 1900 e, rientrato a Doccia, aveva introdotto ispirazioni derivate dalle nuove tendenze decorative.&nbsp;

Studio per vaso a tronco d’albero con figura femminile 

Bozzetto pubblicitario ‘Henry Creange’ per Società Ceramica Richard-Ginori

Il bozzetto &egrave; composto da un&rsquo;illustrazione con due figure femminili scalze, coperte da un abito mosso dal vento, descritte mentre reggono insieme un vaso bianco. Al centro, in corrispondenza di un festone di alloro, &egrave; presente un rettangolo vuoto. Questo potrebbe alludere allo spazio occupato da una mostra per oggetti da vetrina, attorno alla quale doveva forse essere esposta la locandina pubblicitaria. 
Il bozzetto in questione deve essere posto in relazione con gli interessi che la Societ&agrave; Ceramica Richard-Ginori di Milano aveva verso il mercato d&rsquo;oltreoceano, soprattutto americano, affidato a Henry Creange.&nbsp; Il nome Henry Creange, vergato a caratteri liberty in bianco in basso, si riferisce infatti alla figura del rappresentante della Richard-Ginori negli Stati Uniti. Questi nel 1912 aveva aperto una sala campionaria al terzo piano del Fifth Avenue Building di New York, dove esponeva anche porcellane e ceramiche prodotte da Ginori. 
Un trafiletto del Crockery &amp; Glass Journal del 19 marzo 1914 recitava: &ldquo;&Egrave; pi&ugrave; come una visita a un museo d&rsquo;arte che attraversare un punto vendita quando si osserva la splendida mostra di porcellane Ginori negli showroom di Henry Creange, il rappresentante americano dell&rsquo;azienda. La ceramica Ginori ha raggiunto un grado di perfezione nella riproduzione di pezzi storici davvero invidiabile. Ogni pezzo nella sua rinnovata esistenza &egrave; esattamente com&rsquo;era quando ha deliziato per la prima volta gli occhi dei collezionisti di uno o due secoli fa. Da molti anni Ginori aggiunge rari esemplari ai suoi elenchi di riproduzioni, ognuno con una storia e un romanticismo propri, e le loro nuove aggiunte ogni stagione sono attese con vivo interesse da attenti amanti della ceramica&rdquo; (p. 13).&nbsp;

Studio per l’allestimento del padiglione Ginori all’Esposizione di Vienna del 1873

Questo studio per l&rsquo;allestimento del padiglione Ginori all&rsquo;Esposizione Universale di Vienna del 1873 mostra chiaramente la fortuna di cui godevano i manufatti artistici in maiolica nella seconda met&agrave; dell&rsquo;Ottocento.&nbsp;
La Manifattura Ginori aveva partecipato, tra i pochi espositori italiani, gi&agrave; alla prima rassegna internazionale della produzione artigianale e industriale di Londra del 1851. Sar&agrave; per&ograve; solamente alla successiva edizione di Parigi del 1855 che verranno presentate le prime realizzazioni in maiolica.&nbsp;
Produzione di punta della Manifattura per buona parte della seconda met&agrave; del secolo, la maiolica&nbsp; incontrava il gusto del pubblico per lo stile neorinascimentale. Nello schizzo si scorgono grandi vasi, fontane, mesciroba e bacili che rivisitano ecletticamente la&nbsp; tradizione italiana di celebri centri ceramici del Rinascimento, come Urbino e Faenza. In primo piano si distinguono inoltre quattro esemplari di sedili da giardino in maiolica di differenti fogge,&nbsp; &ldquo;a tre cuscini&rdquo;, &ldquo;a barilotto&rdquo; e con base &ldquo;ad imitazione di giunchi&rdquo;. L&rsquo;Esposizione di Vienna &egrave; ricordata anche per alcuni pezzi&nbsp; unici ideati dal pittore Giuseppe Benassai, allora direttore artistico della Manifattura. Tra questi un monumentale vaso raffigurante l&rsquo;incendio di una prateria, oggi conservato presso il Museo Ginori (inv. 17), e quattro grandi piatti in maiolica con le parti del mondo, purtroppo non noti. Uno di questi &egrave; chiaramente visibile nel bozzetto qui presentato, appoggiato sul basamento a sinistra e inserito all&rsquo;interno di una cornice. La placchetta decorata da un cartiglio sulla sommit&agrave; riporta la dicitura &ldquo;EUROPA&rdquo;, mentre il piatto compagno posto sulla base opposta &egrave; appena visibile.

Urbano Lucchesi, Vaso a raffaellesche con teste di Bacco a rilievo

Certamente collocabile nel pieno dell&rsquo;attivit&agrave; dello scultore Urbano Lucchesi presso la Manifattura di Doccia, questo grande vaso &egrave; firmato all&rsquo;interno della bocca. Si pu&ograve; ipotizzare che l&rsquo;allora direttore artistico della fabbrica ne abbia seguito la&nbsp; realizzazione in tutte le fasi, inclusa quella della decorazione. &Egrave; d&rsquo;altronde noto il suo interesse per l&rsquo;elaborazione di nuovi decori a raffaellesche, dai quali&nbsp; emerge un&rsquo;interpretazione del motivo che si distingue dal modello antico e rinascimentale, impiegato a Doccia fin dai primi anni di produzione della maiolica.&nbsp;
Il nostro vaso presenta un motivo in policromia su fondo bianco con anse modellate a tralci di pampini e uva in rilievo che incorniciano due mascheroni evocanti il dio Bacco. La caratterizzazione fisiognomica del volto di quest&rsquo;ultimo richiama quel naturalismo che contraddistingue alcune figure ideate dal Lucchesi per la Manifattura Ginori, in linea con la sua formazione accademica come ritrattista e con la sua attenzione verso la rappresentazione del mondo rurale. Nel decoro pittorico sul retro del corpo del vaso sono visibili gli attributi che richiamano il culto bacchico: la caraffa, la siringa e il tirso.&nbsp;
La forma di questo vaso fu impiegata dal Lucchesi anche in abbinamento ad altre decorazioni plastiche. Tra queste ricordiamo La Baccante presentata nel padiglione Ginori dell&rsquo;Esposizione di Palermo del 1891, che mostra una menade e un fauno fanciullo modellati a figura intera e posizionati lungo la silhouette del vaso.

Urbano Lucchesi

Vaso a raffaellesche con teste di Bacco a rilievo

Angelo Marabini, Piatto raffigurante Apollo e Saffo

Dal 1879 la direzione artistica della manifattura fu affidata brevemente al faentino Angelo Marabini, attivo a Doccia come pittore figurista. Il Marabini introdusse decori con soggetti mitologici e scene campestri che incontrarono l&rsquo;apprezzamento del pubblico all&rsquo;Esposizione Nazionale di Milano del 1881.
Siglato in basso con le iniziali dell&rsquo;autore, il piatto con Apollo e Saffo mostra l&rsquo;incontro tra la poetessa greca e il dio delle arti, intento ad arpeggiare sullo sfondo di un paesaggio campestre. 
La decorazione di maioliche dipinte con scene tratte da opere pittoriche di autori di secoli precedenti era in uso a Doccia gi&agrave; dagli anni settanta dell&rsquo;Ottocento, ma in questa tipologia specifica appare evidente l&rsquo;ascendenza da opere pittoriche di artisti bolognesi del Sei-Settecento, che Marabini aveva certamente avuto occasione di conoscere a fondo grazie agli anni trascorsi nella stamperia paterna.&nbsp;

Angelo Marabini

Piatto raffigurante Apollo e Saffo    

Piatto

Vaso con manici a serpe e decoro in stile Botticelli

Sotto la denominazione Stile Botticelli la Manifattura di Doccia annotava un gruppo di decori, che riproponevano in maniera piuttosto fedele composizioni o elementi tratti da dipinti che spaziavano dal Rinascimento fino all&rsquo;Ottocento. Si tratta quindi non necessariamente invenzioni botticelliane, come sembrerebbe suggerire il termine. Tratto tipico di questa tipologia di decorazioni &egrave; l&rsquo;inserimento di composizioni floreali che incorniciano la scena principale.&nbsp;
I tre fanciulli posti sulla parte frontale del vaso sono una ripresa pressoch&eacute; fedele del gruppo di angeli a sinistra della <a href="https://www.uffizi.it/opere/botticelli-madonna-del-magnificat#details">Madonna del Magnificat</a><a href="https://www.uffizi.it/opere/botticelli-madonna-del-magnificat#details"> </a>di Sandro Botticelli (Gallerie degli Uffizi, inv. 1890, n. 1609). Ai lati della composizione e sul retro, la decorazione &egrave; completata da lunghi rami con fiori bianchi.&nbsp;
Il vaso in oggetto doveva avere un pendant, come rivelato da un disegno acquerellato conservato presso l&rsquo;archivio del Museo Ginori, dove &egrave; rappresentato un gruppo di tre figure, due delle quali tratte, seppur in controparte, dagli angeli della tela con il <a href="https://www.uffizi.it/opere/verrocchio-leonardo-battesimo-di-cristo">Battesimo di Cristo</a> di Andrea del Verrocchio e del giovane Leonardo da Vinci (Gallerie degli Uffizi, inv. 1890, n. 2306).&nbsp;
I manufatti che presentano decorazioni in Stile Botticelli devono essere datati tra gli anni Novanta dell&rsquo;Ottocento e l&rsquo;inizio del Novecento, in concomitanza con l&rsquo;introduzione presso la manifattura anche di modelli di artisti Preraffaelliti.

Vaso con manici a serpe e decoro in "Stile Botticelli"

Piatto con decoro figurativo e strumenti musicali

Dalla seconda met&agrave; del XIX e per gran parte del XX secolo, nel periodo d&rsquo;oro del collezionismo dell&rsquo;antica maiolica italiana, la Manifattura Ginori si distinse per la produzione di maioliche in stile rinascimentale, accolte molto favorevolmente alle Esposizioni Universali di Londra del 1862 e di Parigi del 1867.&nbsp;
Questo piatto mostra al centro un putto di spalle, seduto su una viola e un&rsquo;arpa mentre suona un triangolo. Sulla tesa si trova un motivo decorativo con arpie alate e tralci fogliacei interrotti da due cartelle, entro le quali trovano posto un tamburo e un piccolo organo a canne. La decorazione, realizzata quasi a monocromo blu su fondo rosso-oro, deriva da un archetipo rinascimentale riprodotto nel Recueil de faïences italiennes des XVe, XVIe et XVIIe siècles di Alfred Darcel e Henri Delange (1869). Il prezioso repertorio &egrave; citato dal direttore dello stabilimento Paolo Lorenzini in una lettera del 1867 da Parigi al marchese Lorenzo Ginori Lisci, in cui lo informa di essere riuscito ad ottenerlo a un prezzo di acquisto vantaggioso. Il repertorio era composto da numerose tavole a colori con le riproduzioni delle pi&ugrave; belle maioliche italiane a grandezza naturale. Del volume resta nella collezione dell&rsquo;archivio del Museo Ginori qualche testimonianza sotto forma di ritaglio e foglio sciolto, che denota il suo impiego nella manifattura. La fortuna di questo esemplare &egrave; documentabile dalle repliche note, una delle quali &egrave; conservata al Museo Francesco Borgogna di Vercelli, mentre un&rsquo;altra &egrave; in collezione privata.

Piatto con decoro figurativo e strumenti musicali   

Piatto con coppia di cervi in un bosco

All&rsquo;inizio degli anni settanta dell&rsquo;Ottocento la direzione artistica della manifattura fu affidata al pittore calabrese Giuseppe Benassai. Questi, professore all&rsquo;Accademia di Belle Arti di Firenze, nel 1871 viene ricordato per due vasi in maiolica da presentare all&rsquo;Esposizione Italiana di Milano, e come decoratore per sei pezzi da inviare all&rsquo;Esposizione Agricola Industriale e di Belle Arti di Trieste. 
All&rsquo;Esposizione Universale di Vienna del 1873, invece, Benassai lega il suo nome tra gli altri al vaso detto Colosso raffigurante l&rsquo;Incendio nelle pampas (Museo Ginori, inv. 16) e quattro piatti con i Continenti, ad oggi dispersi. Non &egrave; chiaro se il suo coinvolgimento si debba riferire alla sola invenzione della composizione, oppure se sia da ritenersi anche l&rsquo;esecutore delle pitture sui citati esemplari. Il dubbio su un suo possibile intervento diretto nell&rsquo;esecuzione su maiolica sorge anche nel caso di questo piatto, vista la presenza della firma&nbsp; &ldquo;Benassai fece a Doccia&rdquo;.
In ogni caso appare evidente l&rsquo;attenzione verso la rappresentazione di elementi naturalistici testimoniata anche dal piatto qui presentato. Al centro di un paesaggio naturale completamente dominato dagli alberi di un bosco &egrave; raffigurata una coppia di cervi al pascolo. Nel repertorio di decori della Manifattura Ginori si tratta di una novit&agrave; riconducibile al Benassai stesso. L&rsquo;ispirazione per questa tipologia di decori non proveniva dalla visione diretta della natura, ma da fonti iconografiche a stampa introdotte dal pittore e riproposte nelle composizioni.

Giuseppe Benassai

Sedile a forma di foglia con scimmia cappuccina

Il sedile policromo &egrave; modellato a forma di grande foglia traforata (una monstera deliciosa) sotto la quale si nasconde una scimmia cappuccina che si aggrappa a una pianta di fico d&rsquo;India. Sedute di questa tipologia compaiono per la prima volta all&rsquo;Esposizione di Milano del 1881, insieme ad altre raffiguranti una scimmia sotto una foglia di banano, oppure un grifone.&nbsp;
Prima di questa data a Doccia si producevano sedili da giardino decorati a imitazione di rivestimenti in tessuto (inv. 7021), di vimini (inv. 7025) o di legno (inv. 7029), ricordati dai documenti della manifattura di Doccia come &ldquo;maiolica ornamentale&rdquo; o &ldquo;d&rsquo;uso&rdquo;. Tuttavia, gi&agrave; dagli anni Settanta &egrave; testimoniata l&rsquo;attenzione della manifattura per la realizzazione di sculture modellate a forma di animali esotici in maiolica, quali elefanti, aironi, tigri e orsi.&nbsp;
La scultura da giardino di tipo zoologico &egrave; da collegarsi probabilmente all&rsquo;introduzione in fabbrica di modelli naturalistici durante la direzione artistica del pittore Giuseppe Benassai. Questi, si era ispirato per alcuni decori a un repertorio grafico a stampa sulla vita degli animali (La vie des animaux di A. Brehm), al quale alcuni modellatori e decoratori di Doccia potrebbero aver attinto per la realizzazione di nuovi manufatti.&nbsp; Certo &egrave; che sedili raffiguranti scimmie erano prodotti anche da fabbriche inglesi gi&agrave; dagli anni Sessanta dell&rsquo;Ottocento, a testimonianza di un gusto diffuso per arredi da giardino di gusto esotico.&nbsp;

Sedile a forma di foglia con scimmia cappuccina  

Seduta

Sedile da giardino con pendoni e nappe

Ricordati dai documenti della manifattura di Doccia come &ldquo;maiolica ornamentale&rdquo; o &ldquo;d&rsquo;uso&rdquo;, i sedili da giardino si distinguevano dalle maioliche artistiche prodotte dalla Ginori dal 1854 per una decorazione pi&ugrave; semplice e per l&rsquo;uso pratico a cui erano destinati.&nbsp;
Questo esemplare di forma cilindrica &egrave; modellato in rilievo come uno sgabello imbottito, foderato di stoffa con passamaneria, pendoni e nappe. La decorazione pittorica mostra rami fioriti, uccelli e farfalle su fondo azzurro, a imitazione di tessuti di ispirazione orientale.&nbsp;
Questa tipologia di sedile fu presentata all&rsquo;Esposizione Universale di Vienna del 1873 come &ldquo;nuovo modello&rdquo;. A Doccia venivano prodotti sedili di diverse fogge, come gli esemplari &ldquo;a tre guanciali&rdquo; sovrapposti, con nappe pendenti ai quattro angoli dei cuscini identiche a quelle presenti nel nostro, spesso perdute a causa degli urti a cui erano sottoposte. Pi&ugrave; avanti la manifattura Ginori realizzer&agrave; anche sedili a soggetto naturalistico, come il modello a forma di foglia traforata sotto la quale si nasconde una scimmia cappuccina (inv. 7386).&nbsp;Nella seconda met&agrave; dell&rsquo;Ottocento questi prodotti furono tra i preferiti del pubblico e conobbero un grande successo, testimoniato da vendite e commissioni annotate nei registri delle Esposizioni conservati presso l&rsquo;archivio del Museo Ginori.

 Sedile da giardino con pendoni e nappe

Bozzetto per vaso mesciroba e altri decori

Il bozzetto conservato presso l&rsquo;Archivio del Museo Ginori mostra un vaso mesciroba con ansa realizzata a imitazione di due serpi che si appoggiano a un pesce di fantasia, la cui bocca funge da versatoio. Questo modello, assieme al suo decoro, &egrave; una copia con varianti di un vaso di manifattura urbinate databile al 1580 circa, oggi al Museo Nazionale del Bargello di Firenze (inv. Bargello n. 59 M) . Gli ornati a raffaellesche sono stati riprodotti dal copista in zone laterali del foglio, solamente per una porzione, poich&eacute;, essendo speculari, potevano essere facilmente integrati a posteriori. Questi vengono indicati con numeri da 1 a 4, che si ritrovano anche sul corpo del vaso trattato velocemente a chiaroscuro. L&rsquo;indicazione suggerisce la collocazione originale nella quale i decori devono essere posizionati. Il numero 1 in alto a sinistra, con mascherone e girale abitato da un uccello, si riferisce al collo del vaso, mentre subito sotto sulla spalla si trovava il numero 2, a motivo zoomorfo con stemma centrale visibile a sinistra. Il corpo del mesciroba conteneva la grottesca di putti con finto cammeo mediano raffigurante Apollo con la lira, segnata col numero 3 a destra. All&rsquo;ultima porzione, indicata con la cifra 4, spettava il decoro a grifoni in basso.&nbsp;
Nella seconda met&agrave; dell&rsquo;Ottocento, sotto la guida di Lorenzo Ginori Lisci, la Manifattura Ginori svilupp&ograve; un ampio repertorio di ceramiche artistiche a imitazione della maiolica rinascimentale. A tale scopo alcuni decoratori attivi a Doccia copiarono dal vero originali allora conservati presso le Reali Gallerie di Firenze, che potevano essere riprodotti fedelmente o con varianti per essere&nbsp; presentati alle Esposizioni nazionali e internazionali. Il Museo Ariana di Ginevra conserva un esemplare in maiolica Ginori corrispondente a questo bozzetto (inv. AR 07090).&nbsp;

Giovanni Muzzioli, Vaso con satiro e decoro a raffaellesche

Questo vaso a mesciroba in maiolica dipinta in policromia presenta un decoro &ldquo;a raffaellesche&rdquo; sul corpo, mentre un satiro, quasi con funzione di ansa, sorregge una foglia all'altezza della bocca, che assume la forma di un versatore. La figura mitologica che si regge sull&rsquo;orlo evoca soluzioni adottate tra il Quattrocento e il Cinquecento per vasi in bronzo e in argento.&nbsp;
L&rsquo;invenzione dell&rsquo;esemplare del Museo Ginori spetta al pittore Giovanni Muzzioli, a cui &egrave; attribuita con certezza solo l&rsquo;ideazione di un secondo vaso presso la fabbrica di Doccia.&nbsp;
Il modello del vaso (mod. 244) era presente alle Esposizioni di Milano del 1881, di Roma del 1889 e di Palermo del 1891. Il decoro del nostro esemplare risulta ancora elencato in un catalogo dei prodotti artistici in maiolica Ginori databile intorno al 1905, ma non sappiamo esattamente quando sia stato introdotto. Oltre alla versione &ldquo;a raffaellesche&rdquo; esisteva anche una decorazione con gruppi di rondini in volo nel cielo azzurro, documentata presso l&rsquo;archivio del Museo Ginori da un disegno acquerellato (inv. Disegni/110) e sicuramente in mostra all&rsquo;Esposizione Italiana di Londra del 1888.&nbsp;

Giovanni Muzzioli 

Vaso con satiro e decoro a raffaellesche

San Giovanni Evangelista

Il San Giovanni Evangelista del Museo Ginori &egrave; la traduzione in porcellana bianca di una figura menzionata nel settecentesco Inventario dei modelli della manifattura, in cui &egrave; ricordato un &ldquo;S. Giovanni Evangelista con libro aperto sotto il braccio sinistro e aquila sulla base&rdquo;. Jennifer Montagu ha recentemente proposto di identificare nello scultore Giovan Battista Maini l'autore dell'archetipo del nostro esemplare, la cui invenzione compositiva si deve a Camillo Rusconi con il quale si presume collabor&ograve; a Roma nella realizzazione degli Apostoli nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
La porcellana del Museo Ginori ha punti di contatto con una statua in bronzo dorato di medesimo soggetto realizzata nel 1766 dall&rsquo;argentiere Leandro Gagliardi per il cardinale Flavio Chigi, oggi all&rsquo;Art Institute di Chicago (h 55 cm). Al netto delle differenze dimensionali e di alcune varianti riscontrabili nel modellato, &egrave; chiaro che i due esemplari realizzati in due momenti differenti derivino da un archetipo comune, da identificarsi probabilmente in un precedente modello realizzato dallo stesso Gagliardi. Sappiamo che calchi in gesso di figure di Apostoli giunsero da Roma a Livorno nell&rsquo;agosto del 1754 e che alcuni di questi erano stati realizzati per Carlo Ginori da forme mai utilizzate prima di allora. Questa tipologia di manufatti dimostra l&rsquo;interesse della Manifattura di Doccia nel realizzare traduzioni in porcellana non solo dall&rsquo;arte antica e da quella tardo-barocca fiorentina, ma anche da modelli derivati da esemplari scultorei di artisti del Settecento romano.

Da Giovan Battista Maini (attribuito), su invenzione di Camillo Rusconi (con varianti)

Primo Ottocento

Laocoonte da Filippo della Valle, su invenzione di Baccio Bandinelli, con varianti

Il gruppo del Laocoonte in gesso conservato al Museo Ginori &egrave; una riduzione del monumentale marmo antico conservato nei Musei Vaticani, nella <a href="https://www.uffizi.it/opere/laocoonte-bandinelli">rivisitazione</a> (Firenze, Gallerie degli Uffizi)&nbsp;commissionata nel 1520 da papa Leone X a Baccio Bandinelli, come omaggio a Francesco I re di Francia.&nbsp;
La versione fiorentina si differenzia dal gruppo Vaticano nella posa del braccio destro del sacerdote troiano e nel nodo delle spire del serpente che lo avviluppano poich&eacute; all&rsquo;epoca non era ancora stato recuperato il braccio originale. 
Nell&rsquo;Inventario dei modelli della Manifattura di Doccia&nbsp; (1791-1806)&nbsp;&egrave; annotato un Laocoonte in cera con la sua forma, indicato come opera dello scultore tardo barocco Giovan Battista Foggini, il cui figlio Vincenzo nel 1748 risulta pagato dalla manifattura per la realizzazione di questo calco.&nbsp;
<div>Menzionato come copia del Foggini nell&rsquo;inventario ottocentesco nominato Galleria dei modelli, questo gesso - presumibilmente realizzato in sostituzione del modello in cera deteriorato - condivide molti punti di contatto con un esemplare in bronzo, oggi in collezione privata.&nbsp;</div>
<div>Recentemente Dimitrios Zikos ha identificato&nbsp;nel giovane Filippo della Valle&nbsp;l'autore del modello da cui &egrave; derivato il calco in gesso qui presentato. Lo studioso lo ha cronologicamente collocato prima della partenza del Della Valle per Roma, quando questi si trovava ancora presso la bottega dello zio Giovan Battista Foggini, suo primo maestro.</div>
Di questo esemplare esiste anche <a href="https://museopoldipezzoli.it/ceramiche/#/dettaglio/121858_Laocoonte">una traduzione settecentesca in porcellana</a>&nbsp;conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano.

Gesso

da Filippo della Valle, su invenzione di Baccio Bandinelli, con varianti

Laocoonte

Modello

Gio Ponti, Cista "Triumphus Mortis" e "Triumphus Amoris"

Ripreso da una forma tipica dell&rsquo;arte etrusca, il modello della cista con coperchio abbinato alle decorazioni pi&ugrave; auliche, era considerato da Gio Ponti una vera e propria summa della qualit&agrave; artistica delle porcellane da lui ideate per la Richard-Ginori. La versione decorata in blu a gran fuoco e oro segnato a punta d&rsquo;agata&nbsp; fa parte della serie decorativa dei Trionfi, ideata da Ponti e presentata alla I Triennale di Milano del 1930, dove&nbsp; un esemplare con dedica e varianti fu donato al Duce.&nbsp;
Il corpo del vaso presenta il Triumphus Amoris (Trionfo dell'Amore) e il Triumphus Mortis (Trionfo della Morte), accompagnati dai relativi archi ornati con colombe, fiori, nastri e l'albero della vita il primo; cordoni, tendaggi e corona d'alloro il secondo. A questi si aggiungono piccoli simboli, come la cornucopia, l'amorino, il drappo e la cometa. Il tema allude ai trionfi militari in uso nell'antica Roma, rivisitati per&ograve; in chiave allegorica come nel poema i Trionfi di Francesco Petrarca.&nbsp;&nbsp;
La scelta dei colori blu a gran fuoco e oro agatato si ispira alle decorazioni in stile Impero della manifattura di S&egrave;vres, a cui Ponti stesso fa riferimento nelle sue lettere alla manifattura.&nbsp; Nei decori antichi la raffinata tecnica dell&rsquo;oro agatato era impiegata prevalentemente per fasce e bordure, mentre in questo caso diventa&nbsp; protagonista assoluta del decoro a testimonianza dell&rsquo;abilit&agrave; di Ponti nel valorizzare con invenzioni moderne saperi artigianali altrimenti relegati a una produzione imitativa.&nbsp;

Cista Triumphus Mortis e Triumphus Amoris

Secondo Novecento

Giovanni Gariboldi, Pieghevole del servizio Uno più Uno

Uno pi&ugrave; Uno rappresenta la nuova soluzione proposta da Giovanni Gariboldi nel 1970 per ridurre l&rsquo;ingombro dei servizi d&rsquo;uso domestico. Come per il coevo servizio Eco, il designer lavora sull&rsquo;impilabilit&agrave; e sull&rsquo;eliminazione dei manici, ma in questo caso, per evitare le scottature sceglie di raddoppiare tutti i contenitori, in modo che ogni tazza e ogni caffettiera o bricco per il latte sia di fatto composto da due elementi che si incastrano uno nell&rsquo;altro, isolando termicamente la bevanda. Grazie all&rsquo;uso di due tonalit&agrave; diverse di blu, l&rsquo;incastro genera anche un effetto decorativo giocato sulla bicromia.&nbsp;
Il servizio Uno pi&ugrave; Uno fu premiato al Macef (Mostra degli articoli per la casa alla Fiera di Milano) nel 1970 ed &egrave; uno degli ultimi progetti di Giovanni Gariboldi, che muore nel 1971 dopo aver dedicato gran parte della sua carriera alla Societ&agrave; Ceramica Richard-Ginori.&nbsp;

Servizio  Uno più Uno - Pieghevole  pubblicitario

Giovanni Gariboldi, Servizio Colonna (immagine pubblicitaria)

Il servizio Colonna &egrave; un caposaldo del design industriale italiano del secondo dopoguerra e uno dei primi impilabili in Europa. Altrettanto innovativa, la sua confezione che mostrava in sezione gli oggetti sovrapposti, a grandezza naturale.&nbsp;
L&rsquo;insieme viene progettato da Giovanni Gariboldi nel 1954, per partecipare alla prima edizione del concorso Compasso d&rsquo;oro, e si aggiudica il primo premio perch&eacute;, secondo la giuria, &ldquo;risponde con volumi essenziali al motivo funzionale che lo determina, motivo che &egrave; nella riduzione estrema dello spazio occupato&rdquo;.&nbsp;
La versione successiva, illustrata nel pieghevole in foto, &egrave; in parte meno rigorosa, ma pi&ugrave; versatile della prima perch&eacute; prevede anche la possibilit&agrave; di aggiungere alcuni elementi, come piatti da portata e tazze da brodo che non rispettavano la perfetta unit&agrave; cilindrica del progetto iniziale. I pezzi potevano essere acquistati in confezioni blu da sei persone o singolarmente.&nbsp;&nbsp;
La modernit&agrave; di concezione unita alla qualit&agrave; estetica del decoro essenziale e alla funzionalit&agrave; viene riconosciuta anche alla seconda edizione del servizio, che riceve la medaglia d&rsquo;oro del Presidente del Senato nel 1967 al Concorso Internazionale della Ceramica di Faenza e rimane per anni in produzione negli stabilimenti di Pisa e Lambrate.&nbsp;

Giovanni Gariboldi 

Servizio Colonna

Aldo Rossi, Prototipo di brocca

Nel 1985 la Richard-Ginori si rivolse a nove maestri del design italiano per progettare i prototipi del servizio da tavola del futuro. Tra questi l&rsquo;architetto milanese Aldo Rossi, che tra le altre cose si ciment&ograve; nella realizzazione di una brocca e tre contenitori con coperchio. I prototipi ideati in questa occasione da Rossi rispecchiano alcune delle cifre stilistiche del suo pensiero architettonico, prima fra tutte l&rsquo;uso di forme geometriche semplici, come il cubo, il cono, la sfera e il cilindro, che si compongono e variano per dare vita agli oggetti.&nbsp;
La brocca &egrave; costituita dall&rsquo;innesto tra due profili che si compenetrano in un contrasto direzionale di linee semplici. Lo sviluppo verticale del corpo troncoconico &egrave; contrastato e interrotto dal versatoio che si incastra nella forma iniziale e che, assieme alla sagoma vuota del manico, completa la fusione tra le due forme primarie del triangolo.&nbsp;
I contenitori con coperchio sono delle sfere, la cui superficie &egrave; interrotta soltanto dalla linea di giunzione tra coperchio e corpo. I pomelli richiamano la forma dominante in misura pi&ugrave; piccola, mentre i manici laterali sono elementi semplici e funzionali alle ragioni della praticit&agrave; d&rsquo;uso.&nbsp;
Le creazioni di Rossi per Richard-Ginori si inseriscono all&rsquo;interno di un percorso creativo attraverso il design industriale che negli stessi anni lo aveva portato all&rsquo;ideazione di prodotti per il marchio Alessi. Alcune impressioni gi&agrave; presenti nei prototipi del Museo Ginori confluiranno nel 1994 nell&rsquo;ideazione delle zuppiere della linea &ldquo;Il Faro&rdquo; per il marchio Rosenthal.

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