Storia
Nato a metà del Settecento come galleria dei capolavori in porcellana prodotti dalla Manifattura di Doccia, il Museo Ginori è stato per quasi tre secoli un museo d'impresa. La sua storia è da sempre un tutt'uno con quella della fabbrica fondata dal marchese Carlo Ginori nel 1737 e con quella del territorio di Sesto Fiorentino.
Carlo Ginori (1702-1757) e le origini della manifattura
La porcellana è stata per secoli un materiale esotico importato dalla Cina. Agli albori del XVII secolo la sua composizione e le tecniche per la sua fabbricazione erano del tutto ignote In Europa. Il marchese Carlo Ginori fu tra i primi in Occidente a cimentarsi nell’impresa artistica, scientifica ed economica di produrre il cosiddetto “oro bianco”.
Oltre a essere un protagonista di primo piano della scena politica e culturale della Toscana del suo tempo, Carlo Ginori fu un intraprendente sperimentatore e si impegnò personalmente nel rilancio dell’economia locale promuovendo nuove attività produttive, come l’allevamento delle capre d’Angora, la pesca del corallo e la coltivazione di piante esotiche.
Con lo stesso spirito, intorno al 1735, iniziò gli esperimenti per la fabbricazione della porcellana dura e le ricerche per procurarsi il caolino, indispensabile per la sua produzione. Nel 1737 fondò a Doccia, nel borgo di Sesto Fiorentino, una manifattura che da allora non ha mai interrotto la sua attività.
A dirigerla e a formare i lavoranti chiamò Giorgio delle Torri (per la fornace) e Carl Wendelin Anreiter (per la decorazione pittorica), che avevano già lavorato per la manifattura di porcellana di Claudius Innocentius du Paquier a Vienna, e affidò a Gaspero Bruschi il coordinamento della modellazione. Fu grazie al loro aiuto che Carlo Ginori superò le innumerevoli difficoltà tecniche del periodo sperimentale.
Il marchese si occupò invece personalmente dell’indirizzo artistico da dare alla produzione. Per farlo raccolse anche un importantissimo repertorio di modelli scultorei da tradurre in porcellana. Questa raccolta di modelli, che dal 1754 è stata esposta all’interno della manifattura insieme ai migliori saggi della produzione, costituisce il nucleo originario del futuro museo, rimasto fino al 1950 nelle sale della Villa di Doccia e nella sua splendida galleria affrescata da Vincenzo Meucci e Giuseppe Del Moro.
1758-1791: Lorenzo Ginori
Il maggiore dei tre figli del fondatore prese il posto del padre nella gestione della manifattura quando era ancora ventitreenne. Con Lorenzo, la Manifattura di Doccia assunse connotati nuovi. Se il padre aveva affrontato l’avventura della porcellana con spirito pionieristico e ambizioni culturali e artistiche, Lorenzo si preoccupò prima di tutto della razionalizzazione dei costi e del problematico approvvigionamento del caolino. All’innovazione tecnica si accompagnò una sempre maggiore diversificazione dei prodotti e dei decori.
Sotto la sua direzione la fabbrica divenne un’impresa così redditizia che, quando i fratelli di Lorenzo se ne videro esclusi, tentarono in vario modo di avviarne un’altra in diretta concorrenza. Nel 1779 Giuseppe, il minore, riuscì a convincere alcuni dipendenti di Doccia a lasciare la vecchia manifattura e ad aprirne una nuova a San Donato in Polverosa, alle porte di Firenze. Il tentativo fallì in breve tempo, ma rivelò i pericoli insiti in ogni fase di successione e indusse Lorenzo a richiedere un privilegio speciale al Granduca Ferdinando III di Toscana affinché, in futuro, la manifattura potesse essere ereditata esclusivamente dai primogeniti.
1791-1837: Carlo Leopoldo Ginori Lisci
Nato nel 1788, Carlo Leopoldo ereditò la manifattura all’età di tre anni. In attesa che raggiungesse la maturità e completasse gli studi che lo dovevano preparare a guidare la fabbrica, fu sua madre, Francesca Ginori nata Lisci, ad occuparsi della gestione insieme a un Consiglio di Tutori.
Grazie ai suoi viaggi di aggiornamento presso le più importanti manifatture europee di porcellana, Carlo Leopoldo riuscì a introdurre a Doccia innovazioni tecniche all’avanguardia per i suoi tempi. A lui si deve in particolare l’invenzione di un nuovo tipo di fornace a quattro piani (poi nota in tutta Europa come fornace ‘all’italiana’), che cuoceva simultaneamente diversi tipi di ceramica, permettendo un notevole risparmio di combustibile.
In campo sociale Carlo Leopoldo promosse la nascita di scuole e istituzioni assistenziali per i dipendenti, che ai primi dell’800 erano diventati circa 200. Tra queste c’era la Società di Mutuo Soccorso, istituita nel 1829 e ancora oggi attiva. Per quanto riguarda la produzione, caratteristica di questo periodo è l’importazione sempre crescente di caolino francese di prima qualità, che serviva a produrre le porcellane cosiddette ‘sopraffine’, cioè quelle con l’impasto e la decorazione più pregiati.
La Manifattura dopo l'unità d'Italia
La seconda metà dell’Ottocento fu un periodo di grandi trasformazioni per la fabbrica di Doccia. Lorenzo Ginori Lisci, proprietario dal 1838 al 1878, si trovò a un bivio cruciale per la storia dell’impresa familiare: mantenere l’originario carattere artigianale della manifattura o imboccare la strada della rivoluzione industriale. Il marchese scelse la seconda strada e la sua fabbrica crebbe a una velocità impressionante, passando dai 250 dipendenti del 1864 ai 1.368 dipendenti del 1893. Promotori e artefici di questo sorprendente sviluppo furono lo stesso Lorenzo Ginori e Paolo Lorenzini, fratello dell’autore di Pinocchio e direttore della manifattura dal 1854 al 1891. Nonostante i successi ottenuti, una serie di circostanze sfavorevoli, tra cui la scomparsa di Lorenzini nel 1891 e la congiuntura economica negativa, resero sempre più arduo per la famiglia Ginori proseguire l’opera avviata.
Si deve a Lorenzo Ginori Lisci anche la trasformazione dell’esposizione di modelli e manufatti di matrice settecentesca in un insieme organico definito esplicitamente ‘museo’ e aperto al pubblico a partire dal 1864. Verso la fine dell’Ottocento le collezioni assunsero il nome di ‘Musei di Doccia’: ai manufatti prodotti dalla Ginori dalle origini in poi si affiancava anche il Museo Ceramico, una raccolta comparativa di prodotti di fabbriche italiane e straniere.
Da Ginori a Richard-Ginori
Nel 1896 i Ginori cedono la fabbrica alla Richard, allora la più grande industria ceramica italiana. Dalla fusione nacque la Società Ceramica Richard-Ginori, con sede a Milano e tre stabilimenti produttivi a San Cristoforo (Milano), Pisa e Doccia. Augusto Richard (1856-1930) proseguì la corsa all’industrializzazione avviata da Lorenzo Ginori Lisci e in breve tempo la Richard-Ginori ottenne il dominio assoluto del mercato nazionale e una posizione di primo piano anche all’estero. I diversi impianti gli permettevano di produrre tutte le tipologie ceramiche, dalla terraglia più economica alle maioliche artistiche, fino alle porcellane elettrotecniche.
Dal punto di vista artistico la fusione con la Richard significò l’avvento del Liberty. Incaricato di aggiornare la produzione al gusto moderno, il responsabile artistico di Doccia, Luigi Tazzini, declinò il nuovo stile ispirandosi soprattutto a modelli francesi.
In seguito alla fusione della Manifattura Ginori con la Società Ceramica Richard le raccolte museali rimasero di proprietà degli eredi Ginori, che le concessero in comodato gratuito alla nuova gestione. La collezione mantenne la sede storica e l’allestimento non subì sostanziali modifiche, ma continuò ad arricchirsi del meglio delle nuove produzioni.
La prima metà del Novecento
Il piano di sviluppo su cui si fonda la strategia della società per buona parte del Novecento era stato delineato dal fondatore Augusto Richard fin dal 1887: acquisizione di fabbriche concorrenti, continua modernizzazione, specializzazione degli stabilimenti, rapido adattamento al variare della domanda.
Nella prima metà del secolo il comparto trainante è quello elettrotecnico. Agli impianti dell’area fiorentina di Doccia e Rifredi, si aggiungeranno nel 1927 la SPE di La Spezia e nel 1939 la F.I.L. - Fabbrica Isolatori di Livorno. In questo periodo la produzione delle ceramiche d’arte, marginale dal punto di vista del fatturato, ottiene riconoscimenti prestigiosi sia in Italia che all’estero grazie alla direzione artistica del giovane architetto e designer Gio Ponti, all’epoca ai suoi esordi. Dal punto di vista dell’innovazione stilistica il decennio pontiano (1923-1933) è uno dei periodi più gloriosi per la Richard-Ginori. La qualità della progettazione rimane molto alta anche con Giovanni Gariboldi, suo assistente e poi principale disegnatore dello Studio Artistico della fabbrica a partire dal 1933.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, grazie alla collaborazione e alla supervisione della Soprintendenza alle Belle Arti di Firenze, le opere più preziose del museo vengono imballate e trasferite in luoghi sicuri.
Il secondo dopoguerra
Dagli Anni Cinquanta la crescita riguarda soprattutto la produzione di sanitari e piastrelle, ai quali saranno destinati due stabilimenti di nuova costruzione, uno a San Cristoforo, attivo dal 1958, e uno a Gaeta, inaugurato nel 1964. Un nuovo modernissimo impianto sorge nel 1950 anche nella piana di Sesto Fiorentino con l’intenzione dichiarata di rendere più efficiente e meccanizzata la produzione seriale e di riservare la fabbrica di Doccia al settore artistico. Tuttavia l’annuncio della chiusura definitiva dell’antica sede non tarda ad arrivare. Nel 1954 inizia una lunga fase di aspre lotte sindacali che sfocia in una parziale riduzione dei licenziamenti prospettati, ma la dismissione dell’antica manifattura non viene evitata.
Nel 1950 viene emanato il primo decreto di notifica della collezione museale, riconosciuta come complesso di eccezionale interesse artistico e storico ai sensi della legge 1089 del 1939.
Negli Anni Sessanta l’espansione del gruppo Richard Ginori arriva anche all’estero. Negli Stati Uniti si costituisce una nuova società per la commercializzazione dei prodotti e in Francia la Richard Ginori si consocia con la Cérabati per la produzione di piastrelle. Si aprono prestigiosi negozi a Parigi e a New York. Nel 1965 la fusione con la storica rivale, la Società Ceramica Italiana di Laveno, porta in dote il progetto del nuovo impianto di Chieti, la cui inaugurazione nel 1969 suggella la parabola ascendente del gruppo.
Dopo la chiusura dell’antica sede della manifattura a Doccia (1957 circa) e il raggiungimento di un accordo con gli eredi Ginori per la cessione di due terzi della loro collezione alla Richard-Ginori, per il museo viene realizzato un nuovo, modernissimo edificio, situato accanto allo stabilimento di Sesto e appositamente progettato dall’architetto Pier Niccolò Berardi.
La crisi manifatturiera e la chiusura del museo
A partire dall’inizio degli anni Settanta nel bilancio della Società inizia a incrinarsi il rapporto capitale-lavoro, con un aggravio vicino all’8% dei costi di manodopera. La risposta alle difficoltà è ancora una volta innovare, meccanizzare e, laddove necessario, chiudere gli stabilimenti. La prima chiusura, nel 1972, tocca alla fabbrica di terraglia tenera di Mondovì, che era stata acquisita nel 1897. Le perdite di marginalità proseguono anche negli anni seguenti e la fusione con la Società Ceramica Pozzi (avvenuta nel 1975) non basterà ad arrestare il graduale ridimensionamento del gruppo. Tra i tanti stabilimenti del gruppo, l’unico attivo ancora oggi è quello di Sesto Fiorentino, dedito esclusivamente alla produzione di porcellane di alta qualità.
Nel 1995 il gruppo Pagnossin acquisisce il ramo produttivo della Richard Ginori e nel dicembre 2001 si aggiudica anche il museo, che viene riaperto nel 2003 con un allestimento rinnovato. Nel 2012 viene emanato un nuovo decreto di notifica che estende il vincolo anche a materiali di interesse storico conservati in fabbrica e introduce il legame pertinenziale fra le collezioni e l’edificio progettato da Berardi.
Nel 2013 il fallimento della Richard Ginori porta alla vendita dell’attività produttiva al gruppo Kering e alla chiusura del museo.
La rinascita del museo
Negli anni successivi al fallimento della Richard Ginori, si è rivelato particolarmente prezioso lil supporto dell’Associazione Amici di Doccia, che ha realizzato mostre e pubblicazioni sulle collezioni, ha finanziato campagne di restauro e ha mantenuto viva l’attenzione delle istituzioni sul futuro del museo.
Altrettanto decisive sono state le manifestazioni pubbliche, promosse spontaneamente dalla cittadinanza per chiedere a gran voce un intervento di salvaguardia dello straordinario patrimonio comune conservato dal museo, e quelle condotte dalla comunità scientifica, culminate nella grande mostra “La fabbrica della bellezza” (Musei del Bargello, 2017), curata da Tomaso Montanari e Dimitri Zikos e frutto di una fitta rete di partecipazione di istituzioni italiane e straniere.
Acquisito dallo Stato italiano nel dicembre del 2017, il museo è attualmente chiuso e inagibile, in attesa del prossimo inizio dei necessari lavori di risanamento dell’edificio, a cura della Direzione regionale musei della Toscana.
Dal 2021 è attiva la Fondazione Museo Archivio Richard Ginori della Manifattura di Doccia, costituita da Ministero della Cultura, Regione Toscana e Comune di Sesto Fiorentino per conservare, studiare, comunicare ed esporre al pubblico la ricchissima collezione di manufatti ceramici e documenti archivistici del museo e rendere il suo patrimonio un bene davvero comune, accessibile e inclusivo.